GdF: Taranto, pesca di frodo in mare con esplosivi ricavati da bombe della II guerra mondiale. 14 responsabili arrestati

Emidio Lasco

Pescatori di frodo della peggior specie; ecco cosa sono i 14 soggetti che alle prime luci di oggi sono stati arrestati al termine dell’operazione “Poseydon” condotta dai finanzieri del Reparto Operativo Aeronavale (ROAN) di Taranto in collaborazione con militari della locale Capitaneria di Porto.

L’indagine dei finanzieri e dei marinai tarantini, coordinata dalla Procura delle Repubblica del capoluogo ionico, aveva preso avio nel luglio 2015 interessando i membri di due distinti gruppi criminali che, stando alle prime informazioni raccolte, utilizzavano degli esplosivi per pescare con poca fatica e sicuro guadagno nelle acque del Mar Piccolo.

Come successivamente scoperto dagli investigatori, i criminali utilizzavano tritolo e altri materiali esplodenti ricavandoli da ordigni bellici inesplosi risalenti alla II Guerra Mondiale (il porto di Taranto ospitava allora gran parte della flotta della Regia Marina), e che ancor oggi si trovano numerosi nel Golfo della città pugliese.

Con tritolo, cordite e nitrato di ammonio recuperati da vecchi residuati bellici, gli “eco-criminali” riuscivano non solo a fabbricare rudimentali ma efficaci bombe, ma anche a rifornire di materiale esplodente la locale criminalità organizzata così come emerso nel corso delle indagini.

Per meglio comprendere quale fosse il profilo criminale di alcuni degli arrestati e la pericolosità delle azioni da loro perpetrate, basti comprendere come gli stessi, per occultare gli esplodenti, avessero utilizzato quale nascondiglio l’intera pavimentazione in legno della banchina-pescherecci sita nella Città Vecchia (da via Garibaldi a via Cariati), trasformandola in una vera e propria “Santa Barbara” a cielo aperto e ponendo tra l’altro in serio pericolo l’incolumità di chiunque si trovasse a passare di lì.

Per i 14 responsabili arrestati (di cui 5 già si trovano in carcere mentre gli altri 9 sono agli arresti domiciliari), le accuse mosse dagli inquirenti sono piuttosto pesanti trattandosi di illecita detenzione e fabbricazione di ordigni esplosivi finalizzati alla pesca di frodo, nonché di disastro e inquinamento ambientale, questo per aver significativamente alterato un ecosistema marino complesso e delicato com’è quello della zona colpita dalle loro attività delinquenziali.