Ostia, sequestrati beni per un valore di 450 milioni di euro

Francesco Giugni

Messi sotto sequestro il porto e diversi lidi a Ostia da parte delle Fiamme Gialle.

L’operazione  “ultima spiaggia” a cui la sezione misure di prevenzione del Tribunale di Roma ha dato il via è il frutto di meticolose indagini portate avanti dagli uomini del nucleo polizia tributaria della Guardia di Finanza coordinati dal procuratore aggiunto Michele Prestipino.

L’operazione, oltre all’arresto di Mauro Balini presidente del porto di Ostia (coinvolto già in altre indagini per associazione a delinquere, bancarotta fraudolenta, emissione di fatture false e riciclaggio),ha portato a un sequestro milionario di beni riconducibili allo stesso imprenditore, che comprende quote di 19 società, 531 immobili (tra locali, negozi, appartamenti e box), due stabilimenti balneari (“Hakuna Matata” e “Plinius”), una imbarcazione, undici tra auto e moto, nonché conti correnti per un valore stimato di circa 450 milioni di euro.

Il porto di Ostia era già finito sotto sequestro nel 2014, Balini era stato arrestato e poi scarcerato nell’ambito dell’inchiesta Mafia Capitale con l’accusa di corruzione nei confronti dell’ex consigliere comunale e regionale del Pdl, Luca Gramazio: avrebbe dato e promesso danaro al politico e ad altri componenti della Giunta Municipale perché spingessero l’approvazione del progetto di ampliamento del porto turistico di Ostia.

Nella prosecuzione delle indagini sono emersi intrecci tra l’imprenditore e i clan del litorale, precisamente con il clan Fasciani e il clan Senese.

Uno degli uomini di fiducia del Balini sarebbe il narcotrafficante Cleto Di Maria, a cui era stata affidata la gestione della sicurezza e vigilanza del porto, facente parte dell’organizzazione Fasciani-Spada. Proprio questi legami, supportati anche  da fatti concreti ed elementi obiettivi, hanno fatto sì che i giudici descrivessero negli atti Mauro Balini come “soggetto pericoloso”.

Dalle attività di intercettazione sono infine emerse condotte tenute dallo stesso Balini, oltre che con Di Maria, anche con Emilio Spaziente, già comandante in seconda della Guardia di Finanza e ora in quiescenza, attività tese a falsificare documenti per ottenere dalla Unipol un prestito di 100 milioni di euro per  l’ampliamento del porto.