Bracconaggio: un gioco sporco che muove milioni di euro

redazione

Il personale del Corpo forestale dello Stato del Comando provinciale di Caserta ha investigato per oltre due mesi in tutta la provincia sequestrando 22 fucili, spesso modificati dai bracconieri per renderli maggiormente offensivi, oltre a più di 3000 cartucce cariche, svariate decine di richiami acustici e numerose specie di anatidi tra cui marzaiole, mestoloni, codoni, alzavole e in alcuni casi anche specie protette, come la volpoca.

Per fronteggiare il delicato fenomeno del bracconaggio, il Comando Provinciale di Caserta ha istituito un Gruppo Antibracconaggio, che ha operato su tutto il territorio provinciale contrastando l’illecita attività. L’operazione è stata denominata “volpoca”, nome scientifico Tadorna tadorna, specie protetta dalla Direttiva Uccelli, acquatico di rara bellezza troppo spesso bersaglio dei bracconieri per le eccellenti caratteristiche culinarie.

Sono stati denunciati 24 cacciatori di frodo, uomini dai 25 ai 60 anni, appartenenti a tutti i ceti sociali, anche elevati.

Il costo della caccia “proibita”, infatti, è molto alto e non stiamo parlando solo del prezzo di fucili, munizioni e richiami acustici, ma dell’intero giro d’affari che ruota attorno all’organizzazione del bracconaggio casertano. I bracconieri di uccelli acquatici hanno iniziato ad utilizzare mezzi non consentiti sempre più “naturalizzati”: in particolare, hanno creato le così dette “vasche”. Si tratta di bacini idrici artificiali con annesso “bunker” in cemento o in ferro con tettoia scorrevole in metallo, che vengono affittati ai bracconieri per un costo che oscilla dai 6000 ai 12000 euro annui per vasca per un giro d’affari ipotizzato di oltre un milione di euro.

Nel territorio sottoposto a controllo sono state circa 300 le vasche attenzionate.

La tecnica criminale utilizzata dai bracconieri consiste nel posizionare all’interno degli specchi d’acqua stampi in plastica che ricalcano varie specie di uccelli acquatici attirati nella trappola mortale da richiami acustici che riproducono fedelmente il verso dei volatili. I malcapitati uccelli vengono uccisi dai cacciatori di frodo direttamente e comodamente dai bunker sotterranei ricoperti da uno strato di terreno o da reti mimetiche che li rendono completamente non visibili alla fauna selvatica.

Questo scempio di biodiversità avviene in periodi in cui la caccia non è consentita proprio perché la fauna selvatica migra per raggiungere gli areali di nidificazione e per alcune specie si sono già formate le coppie per la riproduzione.

Le specie cacciate sono spesso le medesime che vengono vendute illegalmente a ristoranti compiacenti del nord Italia che mettono sul piatto dei clienti specialità gastronomiche vietate.

Le indagini per contrastare questo fenomeno così diffuso di caccia di frodo sono particolarmente complesse e difficoltose in quanto le zone da controllare sono molto estese e le attività della polizia giudiziaria si svolgono il più delle volte in orari notturni o alle prime luci dell’alba.

Durante le operazioni, infatti, il personale forestale percorre, in incognito, chilometri a piedi per sorprendere i bracconieri alle spalle, correndo rischi concreti per la propria incolumità personale dovendo fronteggiare persone armate. Le vasche sono, inoltre, perfettamente mimetizzate nell’ambiente, a volte recintate, per rendere ancor più difficile l’intervento e solo l’occhio esperto degli operatori riesce ad individuarle nella radura.

Gran parte degli esemplari trovati e sequestrati dalla Forestale era, purtroppo, senza vita ma durante un’operazione in agro del comune di Castel Volturno e precisamente all’interno della Riserva Naturale protetta denominata “Soglitelle”, il caso ha voluto che il personale riuscisse a recuperare tra le specie abbattute anche una volpoca gravemente ferita ad un’ala ma fortunatamente ancora viva. E’ stata soccorsa ed è oggi in ottima salute, un segno che un futuro di riscatto per queste bellissime aree è possibile grazie alla salvaguardia e al controllo del territorio.