Concorsi manovrati, due professori finiscono ai domiciliari

Leonardo Ricci

Una brutta storia di peculato, concussione, abuso d’ufficio e falso ha portato agli arresti due docenti dell’Università di Messina, accusati di aver pesantemente manovrato un concorso pubblico bandito dall’ateneo per un posto di ricercatore in Microbiologia e Microbiologia Chimica.

Sono stati i finanzieri del locale Comando Provinciale a porre agli arresti i due professori, le cui responsabilità, ormai divenute sin troppo evidenti, erano state messe sotto la lente d’ingrandimento dai magistrati della Procura della Repubblica messinese a seguito di una falsa fattura utilizzata da uno degli arrestati.

L’operazione, ribattezzata “Pacta servanda sunt”, è giunta alla fine di mesi d’indagini grazie alle quali le fiamme gialle hanno fatto affiorare sistema deviato di procedure concorsuali che regolavano l’accesso al mondo accademico, e non solo in quello messinese.

Le ordinanze di custodia cautelare sono state eseguite nei confronti di un Direttore di Dipartimento dell’Università di Messina, oltreché professore ordinario presso il medesimo dipartimento, nonché di un altro professore ordinario dello stesso ateneo.

Indagati per le medesime fattispecie criminose anche altri tre docenti, che svolgono la loro attività professionale in altre università oltre che in quella di Messina.

Secondo l’ipotesi accusatoria, sia la commissione giudicatrice, sia il vincitore del concorso, venivano prestabiliti con largo anticipo dagli arrestati, con la stretta collaborazione dei loro colleghi e con buona pace di tutti gli altri concorrenti che, seppur dotati di titoli e di un eccellente grado di preparazione, mai e poi mai avrebbero vinto il concorso.

L’accurata pianificazione della procedura messa a punto dagli arrestati, infatti, avrebbe dovuto chiudersi con la nomina a ricercatore di un loro parente, ma la presenza di un candidato con un punteggio più elevato, così come accertato dagli investigatori, aveva però creato forti grattacapi ai due che, pur di portare a termine il piano, hanno di fatto costretto il sia pur bravo concorrente a ritirarsi, liberando così ogni intralcio al “loro” candidato.

Curioso notare come il nome latino dell’operazione in italiano si traduca letteralmente in: “I patti vanno rispettati” che poi è la stessa frase che i due arrestati si sono scambiati durante una conversazione telefonica (intercettata dai finanzieri) nella quale concordavano la necessità che il candidato più bravo e meritevole di vincere il concorso dovesse “rispettare i patti”, ovvero ritirarsi dietro la promessa di una sua successiva assunzione come ricercatore alla prossima procedura concorsuale che sarebbe stata bandita.