"Dai un calcio alla violenza!: i giovani parlano ai giovani

Veronica Molese

Lo scorso 28 marzo l’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive ed il Forum Nazionale dei Giovani, unica piattaforma nazionale di organizzazioni giovanile italiane con oltre 3 milioni e 500 mila iscritti, hanno presentato alla stampa  il progetto “Dai un calcio alla violenza, per fare goal metti la testa in rete”, campagna di sensibilizzazione parte del più ampio progetto di prevenzione alla violenza negli stadi del Dipartimento della Pubblica Sicurezza.

Per capirne di più, abbiamo incontrato il presidente dell’Osservatorio, il dottor Felice Ferlizzi, dirigente superiore della Polizia di Stato.

 Presidente, da dove nasce l’iniziativa di “Dai un calcio alla violenza?”

L’iniziativa rientra nel Progetto integrato per la sicurezza nel calcio italiano, dopo gli stadi e gli steward, un nuovo modo di pensare l’impiego delle forze dell’ordine necessitava di un progetto di educazione alla legalità di medio-lungo termine, per preparare educando i giovani tifosi.

Noi dell’Osservatorio abbiamo pensato di trovare una struttura essenzialmente composta di giovani per poter realizzare un qualcosa con cui gli altri giovani, i giovani tifosi, avrebbero potuto relazionarsi e confrontarsi,  in tal senso è nata la collaborazione con il Forum dei Giovani.

E’ stata necessaria, inoltre, la consultazione di medici psicologi, che ci hanno orientato lungo un percorso di studio e di analisi anche psico-sociale del fenomeno, dal quale è emerso che la persona che compie atti violenti nel calcio italiano è un giovane intorno ai 20/25 anni, incensurato nel 40% dei casi, e purtroppo minore di 18 anni nel 6% dei casi.

Da questo percorso sono nate due idee: la prima, la realizzazione di spot con volti noti del calcio, dello sport e dello spettacolo e la seconda,  un concorso, che tiene conto ormai degli stili di vita e delle nuove abilità comunicative dei ragazzi, dove potranno esser proposte idee sul tema della violenza nel calcio, utilizzando internet ed i cellulari.

 Dottore, una scelta di prevenzione in cui i giovani sono non solo destinatari ma attori attivi?

Io credo che nella nostra cultura si punti molto sulla prevenzione e non sulla repressione, ultima arma con la quale una società civile cerca di far sì che eventuali soggetti non commettano fatti importanti nei confronti di altri. Prevenire ha una duplice valenza: in prima istanza, permette che il danno nei confronti del singolo e della società non ci sia; in secondo luogo, educa alla legalità, costruendo un processo virtuoso nel cittadino, nel giovane.

 L’Osservatorio svolge anche attività di analisi, monitorando e studiando il fenomeno della violenza e delle carenze strutturali degli impianti sportivi. Quanto sono diminuiti gli incidenti negli stadi?

Ma gli incidenti negli stadi sono praticamente azzerati, tranne casi rarissimi, fuori degli stadi abbiamo avuto ancora qualche problema ma che si va via via normalizzando come situazione; qualche incidente lo abbiamo lungo le vie di trasporto, ma questo era prevedibile, perché il sistema di prevenzione per regolarizzare l’ordine e la sicurezza pubblica nel calcio non può far sì che le persone o i gruppi potenzialmente violenti rinuncino solo ed esclusivamente perché abbiamo inserito gli steward, messo a posto gli stadi e riposizionato le forze dell’ordine in una logica meno presenzialista.

E’ chiaro che questi gruppi violenti, su cui dovremmo riflettere come società e non certo come calcio, continueranno ad affrontare la loro esigenza di “violenza”, prova ne sono gli ultimi episodi di cronaca. Ma il problema, ripeto, è sociale e non ristretto all’ambito sportivo.

 Presidente Lei parla di problema sociale, di giovani violenti e non di tifosi violenti. Perché però orai c’è un meccanismo istintivo nel collegare episodi di violenza al mondo delle tifoserie del calcio?

Vede, il calcio con il suo palcoscenico è motivo di grande visibilità, inevitabilmente ogni domenica due squadre con i propri colori societari contendono le proprie partite. Se aggiungiamo a questo un po’ di ideologia, viene fuori che si creino le condizioni ideali per quelli che non rifiutano la violenza nella propria vita quotidiana, legati dal comune denominatore di affrontare i problemi in maniera poco civile, poco democratica, poco propensa al confronto e allo scambio di opinioni.

Da qui il passo alla violenza tra gruppi è breve.