Dichiarazione di Donato Capece, Segretario Generale SAPPE in relazione ad alcune dichiarazioni rilasciate da Ilaria Cucchi al quotidiano Il Dubbio

redazione

Chiedo la cortesia esprimere alcune considerazioni dopo avere letto l’articolo, e soprattutto il titolo, pubblicati a pag. 11 da Il Dubbio del 30 agosto scorso – TRA CUCCHI E LA LUNA IL FESTIVAL PARTE E ANCHE CON LE POLEMICHE -.
In una parte dell’intervista, Valentina Stella chiede alla signora Cucchi un commento sull’iniziativa del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE che ha ricordato al giornalista del Corriere della Sera, Pierluigi Battista, un dato oggettivo: tutti gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria indagati nella triste vicenda del fratello Stefano sono stati assolti in tutti e tre i gradi di giudizio ed è quindi sbagliato citare il carcere in relazione alla morte di Stefano Cucchi.
Il commento di Ilaria Cucchi è stato: “Battista faceva un discorso mol-to più ampio rispetto a quello che sostiene Donato Capece del SAPPE. Battista scrive di violazione dei diritti dei cittadini privati della libertà personale in stato di detenzione: ciò è intollerabile. Poi leggo che Capece esprime solidarietà a me e alla mia famiglia. Sinceramente tutta questa solidarietà non la vedo: lui insieme ad altri suoi colleghi è imputato per averci offeso”.
Considerata l’approssimazione e la genericità delle notizie divulgate, sono doverose alcune precisazioni
Da subito esprimemmo solidarietà alla famiglia Cucchi, come riteniamo sia giusto sempre fare quando un lutto colpisce negli affetti più cari, dichiarandoci, allo stesso tempo, fiduciosi nell’operato della magistratura e certi che il personale di Polizia Penitenziaria in servizio nelle celle di sicurezza di piazzale Clodio a Roma non avesse nessuna responsabilità nella tragica vicenda di Stefano Cucchi.
In una intervista da me rilasciata alla trasmissione radiofonica La zanzaradi Radio24, espressi tra le altre l’opinione che la famiglia non fosse stata abbastanza vicina allo sfortunato ragazzo deceduto all’ospedale Pertini nel 2009. Per questa affermazione la signora Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, ritenne di essere stata offesa e presentò l’ennesima querela.
All’esito delle indagini susseguenti, il Pubblico Ministero titolare dell’azione penale ha chiesto l’archiviazione del procedimento ritenendo la notizia di reato infondatao comunque non idonea a sostenere l’accusa in giudizio.
A seguito dell’opposizione della Cucchi alla richiesta di archiviazione il Giudice per le indagini preliminari ha disposto al PM di formulare comunque la richiesta di rinvio a giudizio. Allo stato attuale, quindi, è necessario attendere l’Udienza Preliminare per formalizzare l’eventuale rinvio a giudizio al quale, ovviamente, il mio legale si opporrà.
Per tale ragione, allo stato, io non sono affatto “imputato” di nulla come la signora Cucchi vuole far credere.
Condividiamo pienamente, infatti, la valutazione del Pubblico Ministero e riteniamo, senza ombra di dubbio, che la querela presentata dalla signora Cucchi sia assolutamente infondata, come del resto la precedente che ha presentato nei nostri confronti.
A questo punto, per dovere di cronaca, ma anche per delineare meglio il modus operandi della signora Cucchi, voglio ricordare che in occasione della querela che, a nostra volta, abbiamo presentato nei confronti della signora Cucchi in altra circostanza, il Pubblico Ministero nel chiedere l’archiviazione osservò come, in quella circostanza, la signora Cucchi travisò la situazione a causa della sua situazione personale, che la indusse a interpretare negativamente l’operato delle forze dell’ordine.
Ma, soprattutto, osservò che “una maggiore prudenza da parte della Cucchi nel formulare giudizi tranchant sull’agire della Polizia Penitenziaria, prima di rilasciare interviste esponendo come verità rivelata la propria interpretazione degli eventi, sarebbe stata cosa corretta e rispettosa dell’altrui sensibilità, atteso che la Polizia Penitenziaria, intervenuta su richiesta di cittadino, si è vista accusare di comportamenti gravi e illeciti ingiustamente”.
Maggiore prudenza che, invece, non abbiamo affatto riscontrato da parte sua, perchè riteniamo di continuare a subìre un particolare accanimento da parte della signora Cucchi nei confronti miei personali, del Sappe e del Corpo di Polizia Penitenziaria più in generale.
Soltanto noi, infatti, e gli sfortunati colleghi che sono rimasti coinvolti nella vicenda, ricordiamo l’acrimonia, l’astio e il livore con cui la Signora Cucchi parlava ingiustamente dei poliziotti penitenziari.
Quella stessa acrimonia con la quale presentò una denuncia nei confronti di altri nostri colleghi e per la quale noi, appunto, presentammo querela.
Noi abbiamo sempre rispettato, oggi come nel 2009, il dolore della famiglia e, per questo, abbiamo anche giustificato certe dichiarazioni “a caldo”.
Oggi, però, a distanza di quasi dieci anni, pur rispettando la giusta pretesa di giustizia, non siamo più disposti a tollerare il furore mediatico della signora Cucchi.
Essa, non solo non ha mai chiesto scusa ai nostri tre colleghi, sbattuti in prima pagina come “mostri”, ma continua a perpetuare una sorta di disinformazione omissiva, con la quale si lascia comunque intendere che il carcere (e quindi i poliziotti penitenziari) hanno comunque delle responsabilità nella morte del fratello.
E questo è quello che sembra trasparire dal film e dalla campagna mediatica messa in piedi dalla Cucchi a sostegno e supporto della vicenda processuale.
Nessuno si scandalizzi per quello che stiamo dicendo, perché bisogna essere consapevoli che nessuna vicenda al mondo, per quanto tragica possa essere, può conferire a chicchessia la “licenza” di poter dire quello che vuole contro tutto e contro tutti.
Insomma, crediamo sia arrivato il momento in cui la signora Cucchi lasci definitivamente in pace la Polizia Penitenziaria, che nella triste vicenda di Stefano non ha alcuna responsabilità.