Diossina, in Italia “paura infondata”

Paola Fusco

  Rischia di assestare un duro colpo al mercato del maiale l’allarme diossina sulle carni importate dall’Irlanda. In Italia i consumi erano già in calo. Secondo i dati Ismea, già nel 2007 c’è stata una flessione di circa l’1% rispetto all’anno precedente. Un calo inferiore a quello dei bovini (-3,1%) ma preoccupante alla luce della nuova minaccia nascosta in uno degli alimenti più richiesti nel periodo natalizio. Aziende, sindacati di produttori ed esperti di nutrizione invitano a non cedere all’emotività indirizzando verso la scelta di cibi di casa nostra, più sicuri. A cominciare dal Gran suino padano, marchio Dop, certificato. Ma i timori non si dissolvono considerando la facile reattività dei consumatori di fronte alle emergenze passate. Il problema è che il maiale e i derivati non sono soggetti ad obbligo di etichettatura. Ed è possibile che il caso irlandese spinga le autorità comunitarie a valutare a un giro di vite. «Io lo proporrò, abbiamo il diritto di conoscere da dove viene ciò che mangiamo», annuncia il sottosegretario al ministero del Welfare, Francesca Martini. Forse c’era proprio bisogno di una scossa. Come fu «mucca pazza», la grande emergenza che nel 2001 ha messo in ginocchio manzo, vitello. Allora l’Unione Europea, per restituire fiducia ai consumatori, introdusse l’obbligo di etichetta. Anche polli e tacchini sono soggetti a regole di rintracciabilità. Pur non essendoci una regolamentazione comunitaria, le aziende italiane, duramente colpite dalle crisi legate all’influenza aviaria, applicano spontaneamente il principio della trasparenza e denunciano il percorso del prodotto dalla nascita alla tavola. Il consumo è cresciuto nell’ultimo anno del 3%. Ma il rischio che arrivino sulle nostre tavole suini alla diossina potrebbe essere molto basso: secondo Coldiretti, Fedagri-Confcooperative e Cia, l’Italia non acquista più dello 0,3% di carne suina irlandese. I nostri maggiori fornitori sono infatti Danimarca, Germania, Olanda, Francia e in minore misura il Brasile, che coprono il 45% del fabbisogno interno. I prodotti vengono utilizzati soprattutto per la trasformazione, per preparare tra l’altro zamponi e cotechini.