GdF: La Spezia, commercio in grande stile di prodotti contraffatti su Facebook. I finanzieri scoprono tutto e denunciano 42 persone

Giuseppe Magliocco

Li avevano ordinati proprio a ridosso nel Natale, ma quei pacchi contenenti capi d’abbigliamento con i marchi delle più note griffe dello sport e della moda non sono mai arrivati ai recapiti di chi li aveva ordinati, questo perché erano stati intercettati dai finanzieri che attendevano solo il momento buono per capire esattamente chi li avesse spediti.
Sono questi i contorni dell’operazione “Low Cost”, che la Guardia di Finanza di La Spezia ha condotto nel settore della contraffazione dei marchi di fabbrica scoprendo un florido commercio illegale di tali prodotti via internet, la cui centrale operativa era situata ad Arzano (NA).
Le fiamme gialle spezzine avevano avuto notizia del traffico di prodotti “fake” (apparentemente originali ma posti in vendita a prezzi stracciati), monitorando alcuni profili che apparivano su Facebook e dove capi alla moda marcati Nike, Adidas, Colmar ed anche Armani o Louis Vuitton, facevano bella mostra di sé invogliando chi non vuol rinunciare alle apparenze, pur sapendo bene (o quantomeno sospettando fortemente) che si tratta di prodotti illegali e che nulla hanno a che vedere con gli originali.
Il mancato arrivo dei pacchi contenenti queste merci (23 per l’esattezza) aveva presto scatenato le ire dei destinatari, tanto che gli stessi hanno cominciato a scambiarsi informazioni, soprattutto i nomi dei fornitori ed i dati delle carte di credito PostePay sulle quali avevano versato i loro soldi, ovvero esattamente quel che gli uomini della GDF spezzina aspettavano per andare a colpire i manovratori del traffico.
Su disposizione dell’Autorità Giudiziaria, i finanzieri hanno così effettuato svariate perquisizioni, inizialmente concentrate nella provincia di competenza territoriale, per poi allargarle in Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto. Proprio in Veneto, a Bovolone (VR), i militari hanno scoperto un vero e proprio supermarket del falso, molto frequentato, tra l’altro completamente sconosciuto al Fisco.
L’estensione di queste perquisizioni portava così alla scoperta della “centrale” arzanese nonché all’individuazione dei suoi gestori, presso le cui abitazioni sono stati rinvenuti numerosi capi di abbigliamento ed accessori vari, oltre all’immancabile presenza di stampi, marchi ed etichette “griffate” ancora da applicare ai capi da contraffare.
Terminate le operazioni di perquisizione, i finanzieri sono dunque passati all’analisi delle operazioni bancarie e postali correlate alle spedizioni già effettuate dai contraffattori, in particolar modo sui movimenti di denaro transitati su 20 diverse carte PostePay utilizzate dagli stessi responsabili ma intestate a loro prestanome.
Gli investigatori hanno così accertato che, nello spazio di soli 3 anni, su quelle stesse carte di credito erano state versate somme per oltre 1.000.000 di euro, il che dà la misura di quanto remunerativo fosse il business avviato.
Oltre al sequestro di circa 2.000 articoli contraffatti (in prevalenza tute, borse, scarpe, occhiali e felpe), sono state bloccate 20 carte di credito e oscurati 5 profili Facebook, mentre 42 persone – tra cui 7 componenti di un’unica famiglia e 5 prestanome – sono state denunciate.
In merito alla vicenda la Guardia di Finanza ricorda ai cittadini che, ai sensi dell’articolo 17 della legge n.99/2009, è prevista una sanzione amministrativa da 100 sino a 7.000 euro per l’accettazione o l’acquisto da parte dell’acquirente finale di prodotti recanti il marchio di fabbrica contraffatto.
L’acquisto di prodotti che (a qualsiasi titolo e che per la loro qualità, o per la condizione di chi le offre, o per l’entità del prezzo), inducano a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti, nonché in materia di proprietà intellettuale, basta già a configurare una responsabilità da parte acquirente che non ne ha altresì accertato la legittima provenienza.
Una responsabilità penale (nello specifico il reato di ricettazione) viene per di più a configurarsi qualora l’acquirente di prodotti contraffatti li ceda – a qualsiasi titolo – successivamente a terzi.