Il lavoro efficiente? Si misura sul risultato, non sui tempi. A Nobìlita, Festival del lavoro di Bologna, i risultati della ricerca della Fondazione Marzo Biagi e FiordiRisorse

redazione

È finita l’era in cui il lavoro poteva essere valutato sul parametro del tempo: a pensarlo sono in maniera convergente sia le aziende sia i lavoratori, che nella valutazione delle performance pongono – entrambi – al primo posto il risultato, seguito dalle competenze.

È ciò che emerge dall’Indagine sui Sistemi di Performance Management realizzata su un campione di 1250 lavoratori e 143 aziende dalla Fondazione Marco Biagi e FiordiRisorse, ricerca che sarà al centro del dibattito di Nobìlita, il Festival del lavoro in programma a Bologna il 23 e 34 marzo.

Il 62% delle imprese dichiara infatti che il criterio più utilizzato per valutare la prestazione dei propri lavoratori è il risultato, seguito dalle competenze (indicato da circa il 40% delle imprese), mentre il 70% delle imprese dichiara di dare assai poco peso al fattore tempo. Affermazioni che trovano conferma nelle dichiarazioni dei lavoratori: il 70% si sente valutato per il risultato conseguito rispetto agli obiettivi individuali stabiliti e formalizzati, per le competenze e capacità che ha dimostrato di possedere (circa 45% dei rispondenti) e infine per i risultati raggiunti dall’azienda (circa 40%). Il “lavoro ben fatto” è quindi frutto non del tempo impiegato, ma delle competenze adeguate.

Da un lato, dunque, i lavoratori mirano al self-management, con una forte critica alla gerarchia e una spinta all’innovazione, dall’altro le aziende puntano al controllo e alla ‘standardizzazione dei processi’: sono le due facce della medaglia alle prese con la trasformazione digitale del lavoro e dell’organizzazione.

Il feedback sulla prestazione è particolarmente importante quando la valutazione si pone (anche) finalità di sviluppo delle risorse. Il 95% delle imprese intervistate dichiara di prevedere una restituzione formale dei risultati della valutazione e, specularmente, circa il 90% dei lavoratori sentiti afferma che i risultati gli sono comunicati, nella maggior parte dei casi (quasi il 60%) in maniera formale. Ma qual è il fine ultimo di queste analisi? Circa il 70% delle imprese collega la valutazione ad un sistema di incentivazione, monetaria o non monetaria, in un mix che tiene conto di performance individuale del singolo lavoratore (50.5%), performance dell’azienda nel suo complesso (13.3%) e del gruppo di lavoro o del reparto (7.6%).
Specularmente, oltre il 60% dei lavoratori dichiara che la valutazione (positiva) della propria prestazione comporta incentivi variabili legati al raggiungimento di obiettivi individuali (circa il 30%), obiettivi aziendali (11%) o all’incremento della retribuzione fissa (circa 11%).

Diversamente da quanto si potrebbe pensare, i lavoratori apprezzano i sistemi di performance management: circa l’80% dichiara che la valutazione impatta positivamente sulla prestazione lavorativa, individuale e aziendale, e circa il 60% la considera uno stimolo al consolidamento e allo sviluppo delle proprie competenze. Mentre non credono affatto (al contrario delle aziende) che la misurazione contribuisca alla qualità delle relazioni capo-collaboratori e/o tra colleghi (lo pensa il 76% delle aziende). E quasi il 70% degli intervistati si rispecchia nella valutazione della propria prestazione, seppur resta comunque una fetta di lavoratori che sottolinea delle criticità: il 45% dichiara che meritocrazia, trasparenza e chiarezza siano solo sulla carta, quasi il 40% lamenta la mancanza di un piano di miglioramento che segua la valutazione e oltre il 30% accusa che gli obiettivi non siano chiaramente e oggettivamente definiti.

Il 60% delle imprese segnala l’intenzione di apportare cambiamenti al proprio sistema di valutazione nei prossimi 12 mesi ma in direzioni che non sembrano rispondenti alle criticità rilevate dai lavoratori. I cambiamenti più citati riguardano la “formazione dei valutatori e migliore gestione del feedback” (oltre il 60%), “l’aggiunta/modifica di KPI” (circa 60%), oltre il 30% desidera “rendere più stringente il collegamento tra valutazione e sistema di incentivazione”, “informatizzare il processo” e aumentare la frequenza di valutazione.