Madre detenuta evade dalla struttura a custodia attenuata di Torino e lascia la figlia in carcere

redazione

Era una detenuta con una figlia in tenera età e per questo scontava la pena nell’Istituto a Custodia Attenuata per Mamme di Torino, struttura nata proprio per garantire la genitorialità alle donne ristrette. La donna, 21 anni, è però fuggita questo pomeriggio dalla struttura I.c.a.m., adiacente al carcere Lo Russo – Cotugno, lasciando la figlioletta in carcere.
“Si tratta di una evasione tanto inutile quanto grave, visto che avrà per lei gravi ripercussioni se non si costituisce al più presto”, spiega Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE. “L’I.C.A.M., l’istituto a custodia per detenute madri con minori al seguito, nasce proprio per garantire un percorso agevolato alle mamme ristrette in un penitenziario, che scontano appunto la pena in condizioni diverse rispetto agli altri detenuti proprio per favorire la genitorialità. Questa fuga è doppiamente sciocca e senza senso”.
“La donna è di etnia rom e si sta provvedendo a ricercarla ovunque, specie nei campi nomadi della città”, aggiunge il Segretario regionale SAPPE del Piemonte Vicente Santilli, che denuncia il ciclico ripetersi di eventi critici in carcere che vede coinvolti detenuti stranieri. “La donna ha scavalcato la recinzione dell’I.c.a.m. e si è resa protagonista di un evento irresponsabile e gravissimo, per il quale sono già in corso le operazioni di polizia dei nostri Agenti della Penitenziaria finalizzate alla sua cattura”.
“’E’ sintomatico”, spiegano i due sindacalisti dei Baschi Azzurri, “che negli ultimi dieci anni ci sia stata un’impennata dei detenuti stranieri nelle carceri italiane, che da una percentuale media del 15% negli anni ’90 sono passati oggi ad essere oltre 19mila 200. Fare scontare agli immigrati condannati da un tribunale italiano con una sentenza irrevocabile la pena nelle carceri dei Paesi d’origine può anche essere un forte deterrente nei confronti degli stranieri che delinquono in Italia. Il dato oggettivo è però un altro: le espulsioni di detenuti stranieri dall’Italia sono state fino ad oggi assai contenute, oserei dire impercettibili. E credo si debba iniziare a ragionare di riaprire le carceri dismesse, come l’Asinara e Pianosa, dove contenere quei ristretti che si rendono protagonisti di gravi eventi critici durante la detenzione”.
Capece evidenzia infine come anche l’evasione della detenuta dall’I.C.A.M. di Torino è “sintomatica del fatto che le tensioni e le criticità nel sistema dell’esecuzione della pena in Italia sono costanti. A poco è servito il calo parziale dei detenuti, da un anno all’altro: oggi i numeri tornano ad essere preoccupanti, con quasi 57mila detenuti presenti. E l’evasione di oggi è tanto più assurda se si pensa che gli I.C.A.M. nascono proprio per dare maggiori garanzie alle donne detenute con figli, che però come nel caso in ispecie tradiscono questa tutela. Altre, allora, devono essere gli interventi normativi per il sistema penitenziario e l’esecuzione della pena nazionale, a cominciare dall’espulsione dei detenuti stranieri, specie quelli – e sono sempre di più – che, ristretti in carceri italiani, si rendono protagonisti di eventi critici e di violenza durante la detenzione”.
Il SAPPE evidenzia infine nel corso dell’anno 2016 si sono verificate, nelle carceri italiane, 6 evasioni da istituti penitenziari, 34 evasioni da permessi premio, 23 da lavoro all’esterno, 14 da semilibertà e 37 mancati rientri di internati.