Napoli, detenuto suicida a Poggioreale: seconda morte in pochi giorni

redazione

Nel I semestre del 2018 abbiamo contato nelle carceri italiane ben 5.157 atti di autolesionismo, 46 morti naturali, 24 suicidi e 585 tentati suicidi sventatiin tempo dagli uomini e dalle donne del Corpo di Polizia Penitenziaria. Solamente in Campania i suicidi sventati sono stati 48 in soli sei mesi.

Ha deciso di togliersi la vita uccidendosi nella sua cella della Casa Circondariale POGGIOREALE di NAPOLI dov’era detenuto perché condannato per vari reati.
Emilio Fattorello, segretario nazionale per la Campania del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, commenta: “L’uomo, M.C., italiano di Torre del Greco, si è suicidato ieri. Era appellante con fine pena 2024 per reati legati alla legge stupefacenti, ristretto in regime di Alta Sicurezza: ha approfittato che i compagni di stanza erano al passeggio. L’Autorità Giudiziaria competente ha avviato tutti gli accertamenti che il caso impone con la collaborazione della Polizia Penitenziaria ivi in servizio. Purtroppo è il secondo caso di suicidio in pochi giorni nell’Istituto di Poggioreale, oltre a due morti naturali di altrettanti detenuti nelle carceri di Avellino e S.Maria Capua Vetere, ove un detenuto ricoverato è deceduto l’altro ieri in ospedale. La tragedia continua”. E aggiunge: “Questo nuovo drammatico suicidio di un altro detenuto evidenzia come i problemi sociali e umani permangono nei penitenziari, lasciando isolato il personale di Polizia Penitenziaria (che purtroppo non ha potuto impedire il grave evento) a gestire queste situazioni di emergenza. Il suicidio è spesso la causa più comune di morte nelle carceri. Gli istituti penitenziari hanno l’obbligo di preservare la salute e la sicurezza dei detenuti, e l’Italia è certamente all’avanguardia per quanto concerne la normativa finalizzata a prevenire questi gravi eventi critici. Ma il suicidio di un detenuto rappresenta un forte agente stressogeno per il personale di polizia e per gli altri detenuti. Per queste ragioni un programma di prevenzione del suicidio e l’organizzazione di un servizio d’intervento efficace sono misure utili non solo per i detenuti ma anche per l’intero istituto dove questi vengono implementati. E’ proprio in questo contesto che viene affrontato il problema della prevenzione del suicidio nel nostro Paese. Ma ciò non impedisce, purtroppo, che vi siano ristretti che scelgano liberamente di togliersi la vita durante la detenzione”.
“Negli ultimi 20 anni le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria hanno sventato, nelle carceri del Paese, più di 18mila tentati suicidi ed impedito che quasi 133mila atti di autolesionismo potessero avere nefaste conseguenze”,sottolinea il Segretario Generale del primo Sindacato del Corpo, Donato CAPECE. “Il dato oggettivo è che la situazione nelle carceri resta allarmante. Nel I semestre del 2018 abbiamo contato nelle carceri italiane ben 5.157 atti di autolesionismo, 46 morti naturali, 24 suicidi e 585 tentati suicidi sventati in tempo dagli uomini e dalle donne del Corpo di Polizia Penitenziaria. Solamente in Campania i suicidi sventati sono stati 48 in soli sei mesi”.
Netta è la denuncia del SAPPE sulle cricità nelle carceri del Paese: “Da tempo il SAPPE denuncia, inascoltato, che la sicurezza interna delle carceri è stata annientata da provvedimenti scellerati come la vigilanza dinamica e il regime aperto, l’aver tolto le sentinelle della Polizia Penitenziaria di sorveglianza dalle mura di cinta delle carceri, la mancanza di personale – visto che le nuove assunzioni non compensano il personale che va in pensione e che è dispensato dal servizio per infermità -, il mancato finanziamento per i servizi anti intrusione e anti scavalcamento. Lasciare le celle aperte più di 8 ore al giorno senza far fare nulla ai detenuti – ne lavorare, ne studiare, ne essere impegnati in una qualsiasi attività – è controproducente perché lascia i detenuti nell’apatia: non riconoscerlo vuol dire essere demagoghi ed ipocriti. La realtà è che sono state smantellate le politiche di sicurezza delle carceri preferendo una vigilanza dinamica e il regime penitenziario aperto, con detenuti fuori dalle celle per almeno 8 ore al giorno con controlli sporadici e occasionali, con detenuti di 25 anni che incomprensibilmente continuano a stare ristretti in carceri minorili. Mancano Agenti di Polizia Penitenziaria e se non accadono più tragedie più tragedie di quel che già avvengono è solamente grazie agli eroici poliziotti penitenziari, a cui va il nostro ringraziamento. Ora, con l’insediamento del nuovo Governo e del nuovo Ministro della Giustizia, serve un netto cambio di passo sulle politiche penitenziarie del Paese: e il contratto di Governo Lega-5Stelle credo vada nella giustizia direzione. Nelle carceri c’è ancora tanto da fare: ma senza abbassare l’asticella della sicurezza e della vigilanza, senza le quali ogni attività trattamentale è fine a se stessa e, dunque, non organica a realizzare un percorso di vera rieducazione del reo”.