Pesaro, suicida in carcere detenuto nordafricano

redazione

“Avrebbe guadagnato la libertà nel mese di aprile del prossimo anno o, forse, tra qualche settimana se la magistratura di sorveglianza avesse celebrato l’udienza già fissata per la concessione di misure alternative. E, invece, ha deciso di porre fine alla propria esistenza nel penitenziario di Villa Fastiggi che lo ha ospitato per cinque  mesi  perché colpevole dei reati di false attestazioni e resistenza alla forza pubblica ed in cui aveva fatto rientro qualche ora prima a seguito delle dimissioni dalla sezione psichiatrica del carcere di Ascoli”.

E’ quel che dichiarano Donato Capece e Claudio Tommasino, rispettivamente segretario generale e segretario provinciale di Pesaro del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, dando notizia dell’ennesimo suicidio di un detenuto in carcere, avvenuto sabato nella struttura detentiva di Pesaro.

L’ennesima tragedia, il suicidio di un uomo nemmeno trentenne con trascorso importante di tossicodipendenza e problemi di natura psichiatrica, ripropone la questione del se può il carcere farsi carico della missione risocializzante quando il soggetto cui si rivolge non è in grado di comprendere né il disvalore delle proprie condotte né recepire le azioni di sostegno”, aggiungono i sindacalisti del SAPPE. “E così ancora una volta il sistema lascia alla Polizia Penitenziaria il compito di impedire le azioni suicide in attesa dei tempi: basti pensare che a livello nazionale, negli ultimi vent’anni, le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria hanno salvato la vita, sventandone il suicidio, a più di 19mila detenuti”.

Capece e Tommasino rivendicano “i meriti dell’azione della Polizia Penitenziaria che quotidianamente combatte il mal di vivere di molti detenuti cui salva la vita. Sono quegli stessi uomini e quelle stesse donne, ormai disincantati dalle teorie del nuovo modello di sorveglianza che resta dinamico nelle intenzioni ma fermo nei crudi dati della statistica. E si consideri che il carcere di Pesaro non ha neppure un direttore titolare ma è retto provvisoriamente dal dirigente a capo di un altro penitenziario…”.