Roma, albanese di 50 anni si uccide in cella a Rebibbia

redazione

Ancora una volta, un detenuto si è tolto la vita in una cella di un carcere italiano. E’ accaduto ieri nel Nuovo Complesso di Roma Rebibbia e a darne notizia è il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE.

Ieri pomeriggio verso le 15 un detenuto albanese di 50 anni, A.A., si è impiccato nel bagno della cella al Reparto detentivo G9. Lavorava all’azienda di torrefazione del caffè. In quel momento, era solo in cella. Era ristretto per rapina. Prontamente soccorso dalla Polizia Penitenziaria, è stato portato in infermeria Reparto detentivo G 7. Hanno cercato di rianimarlo ma dopo circa 30 minuti è purtroppo morto”,  informa Maurizio SOMMA, segretario regionale per il Lazio del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, il primo e più rappresentativo della Categoria. “suicidio di un detenuto rappresenta un forte agente stressogeno per il personale di polizia e per gli altri detenuti. Per queste ragioni un programma di prevenzione del suicidio e l’organizzazione di un servizio d’intervento efficace sono misure utili non solo per i detenuti ma anche per l’intero istituto dove questi vengono implementati. E’ proprio in questo contesto che viene affrontato il problema della prevenzione del suicidio nel nostro Paese. Ciò non impedisce, purtroppo, che vi siano ristretti che scelgano liberamente di togliersi la vita durante la detenzione”.

Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, commenta: “Un detenuto che si toglie la vita in carcere è una sconfitta dello Stato e dell’intera comunità. Il suicidio costituisce solo un aspetto di quella più ampia e complessa crisi di identità che il carcere determina, alterando i rapporti e le relazioni, disgregando le prospettive esistenziali, affievolendo progetti e speranze. La via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere. Negli ultimi 20 anni le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria hanno sventato, nelle carceri del Paese, più di 18mila tentati suicidi ed impedito che quasi 133mila atti di autolesionismo potessero avere nefaste conseguenze”, prosegue il leader del SAPPE. “Il dato oggettivo è che la situazione nelle carceri resta allarmante. Altro che emergenza superata! Per fortuna delle Istituzioni, gli uomini della Polizia Penitenziaria svolgono quotidianamente il servizio in carcere – come a Rebibbia – con professionalità, zelo, abnegazione e soprattutto umanità, pur in un contesto assai complicato per il ripetersi di eventi critici. Ma devono assumersi provvedimenti concreti: non si può lasciare solamente al sacrificio e alla professionalità delle donne e degli uomini della Polizia Penitenziaria la gestione quotidiana delle costanti criticità del Paese: si deve fare di più!”.