SAPPE, corso di formazione specialistica in lingua araba per la Polizia Penitenziaria e’ una goccia nel mare

redazione

“Da anni sosteniamo che per prevenire il problema del radicalismo islamico nelle carceri italiane, anche in relazione all’aumento delle presenze di detenuti stranieri di religione musulmana, bisogna potenziare una formazione ed un aggiornamento professionale “mirato” per le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria, che stanno in prima linea nelle carceri 24 ore al giorno. I detenuti stranieri, in alcune carceri specie del Nord Italia, sono più del 60% dei presenti, per cui far fare un corso di formazione specialistica in lingua araba solamente a dieci poliziotti penitenziari in tutta Italia, alcuni per altro nemmeno in servizio nelle carceri ma in uffici del Ministero, è una goccia del carcere. Il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE auspica dunque che si predispongano urgenti interventi, a cominciare da corsi di apprendimento delle lingue straniere e di conoscenza religiosa”.
Lo dichiara Donato Capece, segretario generale del SAPPE, commentando la conclusione del corso di formazione riservato alla Polizia Penitenziaria che si è avvalso della collaborazione del Centro lingue estere dell’Arma dei Carabinieri e di insegnanti madre lingua.
“Aggiungo che, come primo e più rappresentativo Sindacato della Polizia Penitenziaria, da più di vent’anni chiediamo la realizzazione di corsi ad hoc a fronte di un altissimo numero di detenuti stranieri presenti in Italia (ad oggi quasi 20.000)”, aggiunge. “Noi, che rappresentiamo chi sta nella prima linea delle sezioni detentive, sappiamo bene che il carcere è un terreno fertile nel quale fanatici estremisti, in particolare ex combattenti, possono far leva sugli elementi più deboli e in crisi con la società per selezionare volontari mujaheddin da inviare nelle aree di conflitto, grazie ad un meticoloso indottrinamento ideologico. Non è infatti un caso la radicalizzazione di molti criminali comuni, specialmente di origine nordafricana, che pure non avevano manifestato nessuna particolare inclinazione religiosa al momento dell’entrata in carcere, che si sono trasformati gradualmente in estremisti sotto l’influenza di altri detenuti già radicalizzati”.
“Per questo auspico”, conclude Capece, “che gli appelli del SAPPE di avere una formazione e un aggiornamento professionale adeguato per un numero più consistente di poliziotti penitenziari impegnati nella prima linea delle sezioni detentive (e dunque non negli uffici ministeriali) vengano raccolti”.