Settembre è il mese dell’Insider Threat Awareness:

redazione

Il U.S. National Counterintelligence and Security Center (NSCS) e il National Insider Threat Task Force (NITTF) hanno dichiarato settembre il mese National Insider Threat Awareness. Si tratta di uno sforzo congiunto per educare il mercato sui “seri rischi posti dagli insider threat, incoraggiando al tempo stesso i dipendenti a riconoscere ed evidenziare attività anomale per potere intervenire tempestivamente”.

Secondo il Verizon Insider Threat Report, il 20 percento degli incidenti di cybersecurity e il 15 percento dei data breach hanno origine all’interno dell’organizzazione e, anche se non avvengono con la stessa frequenza degli attacchi dall’esterno, possono essere estremamente costosi e difficili da prevenire e identificare.

Questo perché gli insider conoscono la rete e spesso hanno accesso a informazioni sensibili, possono quindi sfruttare l’accesso privilegiato a sistemi critici e spostarsi lateralmente tra i diversi sistemi senza sollevare sospetti. Per questo motive questa tipologia di attacco può perdurare diversi mesi – o addirittura anni – prima che venga individuata.

Ma, che cos’è l’Insider Threat?

William Evanina, director NSCS, spiega, “Tutte le organizzazioni sono vulnerabili alle minacce da parte di dipendenti che possono utilizzare i loro accessi autorizzati a facility, personale o informazioni per arrecare danno all’impresa – intenzionalmente o no”.

Anche se le motivazioni possono essere diverse, CyberArk ritiene che questa tipologia di minacce possa essere classificata in quattro macro-gruppi:

  1. External Insider. Nell’era della digital transformation, l’integrazione con vendor e lavoratori remoti è cruciale. Ma, ognuno di questi partner deve accedere a informazioni sensibili per svolgere la propria attività. Poiché non è possibile controllare ciò che non si possiede, si verifica una falla notevole nelle difese: gli accessi dei vendor da remoto non gestiti possono portare a audit negativi e seri data breach.
  2. Exploited Insider. I cybercriminali di solito mirano ai dipendenti che hanno accessi privilegiati tra cui sysadmin, IT help desk ed executive. Infatti, secondo il report Verizon, il 33 percento dei breach comporta l’uso di attacchi come phishing, spoofing o reverse social engineering via social media. Basta un’unica vittima e un endpoint compromessoper permettere a un malintenzionato di prendere piede all’interno di un’organizzazione.
  3. The Malicious Insider.I malicious insider sono motivati da rabbia, problemi finanziari, attivismo politico e molto altro. Non sono sempre facili da identificare perché, tipicamente, in qualità di “utenti fidati” sono in grado di bypassare le misure di sicurezza per ottenere ciò che desiderano.
  4. The Unintentional Insider.Le persone sono, beh, umane. E commettono errori. La maggior parte dei dipendenti non ha intenzione di rubare informazioni sensibili, sta semplicemente cercando di fare il proprio lavoro. Ma a volte agiscono in modi che a loro sembrano innocui, come installare applicazioni vietate o usare semplificazioni non autorizzate, ma che in realtà possono causare gravi danni.