Simonetta Matone: "Il recupero dei ragazzi violenti avviene in famiglia"

Adria Pocek e Paola Fusco

Nelle ultime settimane la cronaca è dominata da episodi che hanno come protagonisti i giovanissimi, autori e vittime di gesti violenti che spaziano dal bullismo ai crimini più efferati.Ne abbiamo parlato con Simonetta Matone, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale dei Minorenni di Roma.    Dal bullismo ai reati più estremi. Abbiamo davvero percepito la profondità e complessità del disagio giovanile che sta alla base di questo fenomeno?Per il bullismo ci troviamo di fronte a una vera emergenza nazionale: i numeri sono in vorticoso aumento e la mia esperienza personale mi porta purtroppo ad affermare che sono destinati ad aumentare ulteriormente. Inoltre c’è il nuovo fenomeno delle ragazze che commettono atti di aggressione fisica nei confronti di altre loro compagne per motivi estremamente futili. La legislazione vigente è realmente efficace?Sono convinta che le ipotesi di reato previste dal nostro codice siano più che pertinenti, il problema è sociale, educativo e culturale. Dovrebbe essere responsabilità dei mass media non solo parlare di questi argomenti, ma anche rendere i cittadini sicuri che al reato segue una punizione, credo sia questo il messaggio importante da lanciare alle giovani generazioni. Sembra i ragazzi autori delle violenze non percepiscano il valore dei gesti che compiono, come vivessero un film o una fiction. È davvero così?Questo è assolutamente vero e aggiungo inoltre che non avviene mai lo sforzo immaginativo di calarsi nei panni della vittima. In tribunale, quando sottoponiamo il minore a un procedimento, lo invitiamo a mettersi nei panni di chi viene percosso o malmenato da un gruppo di persone scatenate che aggrediscono senza motivo.  Televisione e videogiochi: la sua esperienza ne conferma il ruolo di “cattivi maestri”?I videogiochi purtroppo hanno un’influenza nefasta, ve ne sono in commercio di violentissimi in cui si conquistano punti quante più persone si uccidono e aggrediscono. Fondamentale però resta l’educazione che si riceve in famiglia: i ragazzi che commettono reati violenti sono illustri sconosciuti per i loro genitori. È quindi il rapporto genitori-figli che non funziona, non parlerei di colpe e responsabilità della società, ciascun genitore è responsabile del figlio che educa e alleva ed è anche responsabile degli atti che il ragazzo commette. Le prime manifestazioni di aggressività che i genitori dovrebbero cogliere si manifestano in età molto precoce?I ragazzi molto violenti a scuola ripetono violenze che hanno visto in famiglia; è difficilissimo che un bambino che vive in un ambiente tranquillo e sereno si abbandoni ad atti aggressivi nei confronti dei suoi compagni, specie se molto piccolo. Il Tribunale per i Minorenni si preoccupa di far comprendere a chi commette un reato gli effetti che le sue azioni hanno prodotto sulla vittima?Dinanzi al Tribunale per i minorenni non ci si può costituire parte civile: la parte lesa può assistere ma non può intervenire al processo. Questo forse è l’unico errore legislativo che andrebbe corretto perché attua un processo di deresponsabilizzazione per l’autore del reato, che se la deve vedere solo con le istituzioni e mai con la parte lesa. Credo dunque, ma è una mia personalissima opinione, che un intervento normativo andrebbe attuato in questo senso. Come avviene il recupero dei ragazzi?Abbiamo dei servizi sociali che fanno quello che possono ma io credo che il recupero passi inevitabilmente attraverso la famiglia e la responsabilizzazione delle coppie genitoriali. Dovremmo poi uscire dalla nebulosa che fa considerare il circuito penale un male per il ragazzo: espiare una pena, non necessariamente in carcere, anche attraverso lavori socialmente utili, aiuta la crescita e il recupero del minore.