US-Visit, la posizione europea sui nuovi controlli negli USA

Massimo Scambelluri

Senza dubbio fa’ discutere l’introduzione negli Stati Uniti del sistema US-Visit, voluto dal nuovo Dipartimento per la sicurezza territoriale (Department of Homeland Security), creato dall’Amministrazione Bush dopo l’attacco terroristico contro le Torri Gemelle. Introduce, in aggiunta alle procedure attuali, l’obbligo per chiunque entri negli States di essere fotografato e di appoggiare entrambe le mani su un’apparecchiatura in grado di leggere le impronte digitali delle 10 dita. Sicuramente ottimo per il contrasto dell’immigrazione clandestina ed anche per una maggiore sicurezza contro i terroristi, il sistema scheda però anche tutti gli innocui turisti europei che, con la particolare debolezza del dollaro, volano a frotte negli Stati Uniti attratti da uno shopping molto più conveniente che in passato. Tuonano contro il provvedimento anche le associazioni per i diritti civili che definiscono questi controlli indiscriminati lesivi della dignità umana. Ma cosa fa la UE? Subisce passivamente questo inasprimento delle procedure statunitensi o si appresta ad introdurre anche in Europa iniziative simili? Lo abbiamo chiesto a Telmo Baltazar, Counsellor Justice and Home Affairs – EU Commission Delegation to the US. Consigliere il programma Us Visit dal 2008 aumenterà le forme di controllo alle frontiere, coinvolgendo, tra gli altri, anche i cittadini comunitari. Può dirci qual è attualmente la posizione dell’UE in merito? L’Us Visit è un programma del Dipartimento per la Sicurezza Interna americano operativo dal 2004. Esso raccoglie ed elabora le informazioni personali e le scansioni delle impronte digitali di tutti coloro che entrano negli Usa. La novità, cui lei si riferisce, consiste nel fatto che le autorità statunitensi dal 2008 rileveranno non più 2 ma tutte e 10 le impronte digitali di tutti i visitatori. Secondo i nostri partner americani, ciò consentirà loro di aumentare sostanzialmente la possibilità di identificare eventuali criminali o terroristi, noti o potenziali, semplicemente grazie ad una maggiore precisione a ad un indice di composizione più elevato. Anche nell’Ue stiamo cercando dei modi per migliorare ulteriormente le procedure di controllo dei confini esteri, assicurando in tal modo che tutti coloro ammessi nello spazio comunitario, possano essere conformi alle condizioni richieste per farlo. Nei prossimi mesi proporrò alla Commissione Europea una serie di considerazioni sul tema del controllo dei viaggiatori, inerenti i sistemi concepiti per perfezionare la registrazione dell’ingresso e dell’uscita di tutti coloro che desiderano entrare in territorio comunitario. Il principio fondamentale è quello di raggiungere il giusto equilibrio tra la sicurezza e lo snellimento delle operazioni. Ma l’Ue come pensa di poter salvaguardare il trattamento dei dati personali in territorio americano? Nel caso del programma Us Visit, i dati sono raccolti dalle autorità americane solo nel quadro dei loro compiti di controllo delle frontiere. Gi Usa hanno le loro leggi a tutela della privacy. Le istituzioni hanno preparato un Privacy Impact Assesment e costruito imponenti barriere a protezione del sistema, inclusa la possibilità per il singolo cittadino di poter correggere informazioni sbagliate presenti nel sistema. Detto questo, siamo in stretto contatto con le autorità statunitensi, per essere sicuri di essere dello steso avviso riguardo la protezione ei nostri cittadini. E’ stata questa la preoccupazione che, un anno fa, mi ha spinto a proporre ai nostri partner americani la costituzione di un High Level Contact, al fine di analizzare i rispettivi sistemi di protezione dei dati, per migliorare la conoscenza reciproca di leggi e garanzie offerte ai cittadini. Mentre il sistema americano ed altri simili sono sempre più utilizzati in tutto il mondo, credo sia arrivato il momento di adottare un approccio comune e coordinato per fare in modo che tali sistemi abbiano garanzie di protezione dei dati al loro interno. Siamo di fronte ad un nuovo assetto mondiale, transfrontaliero, unito nella lotta al terrorismo? Per diversi anni, sono stato in contatto con il segretario alla Sicurezza Interna degli Usa, Michael Chertoff, cercando di escogitare i metodi migliori per sviluppare una cooperazione transatlantica, al fine di affrontare le minacce comuni alla sicurezza, come terrorismo e criminalità organizzata, che Ue e Usa si trovano a fronteggiare. In effetti, attualmente mi trovo a Washington, per partecipare ad un incontro tra i ministri della Giustizia e degli Interni dei paesi Ue e degli Stati Uniti. Tra le priorità della nostra agenda comune vi sono il controllo delle frontiere, la politica da adottare in materia di visti e la protezione dei dati. Un argomento importante che sto affrontando con Chertoff è quello della reciprocità del Visa Waiver tra Ue e Usa. Attualmente alcuni paesi membri dell’Ue non possono godere dell’accesso negli Usa senza il visto, sebbene l’Ue garantisca l’accesso libero a tutti i cittadini statunitensi. Le recenti iniziative intraprese dall’Ue, relative alle richieste fatte a tutti gli stati membri di adottare passaporti biometrici, si inserisce nel quadro di una più stretta cooperazione tra Ue e Usa. Questo provvedimento serve a proteggere i singoli cittadini e, nel contempo, rende imposibile viaggiare con documenti falsi. L’attuale sistema di emissione visti è molto costoso, richiede tempo ed è dannoso per le attività commerciali. Il nostro obiettivo è di poter determinare una situazione che preveda la reciproca rinuncia del visto tra Ue e Usa. Unione Europea e Stati Uniti d’America hanno bisogno di continuare a lavorare insieme per trovare i mezzi più rapidi per promuovere i viaggi, la mobilità e gli scambi, favorendo contemporaneamente la sicurezza di ogni singolo cittadino.