Vacanze child free? L’Università Popolare delle Discipline Analogiche lancia l’allarme

redazione

Gli alberghi e i ristoranti vietati ai minori sono in costante aumento in tutto il mondo e la moda del turismo «child free» è arrivata anche in Italia. Dai ristoranti agli alberghi, dalle compagnie aeree alle spiagge, i luoghi di svago proibiti ai bambini stanno riscontrando sempre più successo anche nella nostra Penisola. A lanciare l’allarme è l’Università Popolare delle Discipline Analogiche (www.upda.it).

Già molto diffusa all’estero, la «no kids policy» sta infatti contagiando anche l’Italia dove ora anche gli alberghi riservati solo agli adulti spopolano: sono infatti già almeno 52 gli hotel, agriturismi, resort e stabilimenti balneari che hanno “personalizzato” i loro servizi per offrire massimo comfort a un pubblico di soli adulti.

«Eppure i viaggi in famiglia fanno bene non solo ai bambini ma anche agli adulti stessi, perché nelle vacanze condivise si creano memorie indelebili e si esce dal guscio in cui ogni giorno ci rifugiamo. È la famiglia stessa ad esporsi al cambiamento ed a mettersi alla prova» puntualizza lo psicologo Stefano Benemeglio (www.stefanobenemeglio.com).

«Per i figli il viaggio è un momento educativo e di formazione fondamentale mentre per gli adulti è l’occasione per riflettere, acquisire nuove competenze ed approfondire le relazioni» aggiunge Samuela Stano, presidente dell’Università Popolare “Stefano Benemeglio” delle Discipline Analogiche (UPDA).

«E, poi ancora, escludere i bambini -almeno in Italia- è proibito dalla legge» sottolinea Samuela Stano. Secondo il Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS), infatti, i titolari di pubblici esercizi, senza un legittimo motivo, «non possono rifiutare le prestazioni del proprio esercizio a chiunque le domandi e ne corrisponda il prezzo».

«Insomma, nel caso di un albergo, se ci sono camere disponibili non si può tenere alla porta un’ospite perché è bambino e presumibilmente strilla» sostiene il presidente dell’UPDA.

Ciò nonostante, le strutture che hanno adottato una «no kids policy» in Italia sono già almeno 52, il 6,5% rispetto alle strutture presenti in tutto il globo, che sono almeno 800.

«Ne abbiamo osservate ben 420 in Europa, 218 nelle Americhe, 69 perfino in Africa, 61 in Asia e 32 in Oceania» osservano gli analisti dell’UPDA.

Vi è poi chi sostiene che i bambini più piccoli non ricorderanno molto della loro esperienza di viaggio, ma questo è vero solo a livello di ricordo cosciente mentre a livello di memoria interna l’esperienza rimane.

«Il ricordo cosciente è quello per cui si fissa l’immagine del posto in cui si è stati come se fosse una fotografia, ma la memoria interna è molto più importante: è il vissuto e gli affetti uniti ad una determinata situazione» spiegano gli analogisti.

«Noi analogisti la ritroviamo nei sogni, nel pensiero non cosciente delle persone che si rivolgono a noi per ritrovare il loro benessere emotivo. I bambini, infatti, vedono le cose in modo così sorprendente e candido, ma anche intelligente, che ascoltarli e viverli quando si è in vacanza è una continua scoperta, in grado di farci vedere le cose da un’ottica completamente diversa, facendoci assaporare il tempo insieme in modo ancora più bello e più profondo» osserva Samuela Stano.

Secondo gli analogisti dell’UPDA, viaggiare è così importantissimo per stimolare il «lateral thinking», quella capacità di pensare fuori dall’ordinario, affinando la capacità di improvvisare e di affrontare gli imprevisti senza paure. «È un’occasione unica per esporsi all’insolito ed è un momento pedagogico anche per gli adulti, nel senso che prepara a prendere decisioni e ad affrontare le sfide che la vita ci pone davanti» conclude lo psicologo Stefano Benemeglio.

Purtroppo, invece, il turismo «child free» è ormai un fenomeno planetario. I pacchetti «no kids» della Thomas Cook britannica per Creta e le Canarie stanno riscontrando un successo clamoroso, registrando addirittura un overbooking. E proprio in Spagna il fenomeno è diffusissimo: qui i resort della catena di lusso Sandals accettano solo maggiorenni, gli hotel Iberostar ospitano unicamente clienti over 14 e perfino il Gruppo Piñero, una delle più importanti aziende spagnole del settore, si è adeguato nei suoi 27 stabilimenti “Bahia Principe Hotels & Resorts”, per un totale di 14.000 camere.

In Italia il primo locale a vietare l’ingresso ai bambini sotto i 10 anni, anche se solo dopo le ore 21, è stata la Pizzera Sirani a Bagnolo Mella in provincia di Brescia che ha adottato questa policy ben 11 anni fa. Qui una pizza al pomodoro costa 24 euro e quella sommersa di pesce pregiato 95 euro.

Perfino nel tradizionale Sud Italia non mancano gli esempi di strutture che, per proteggere la quiete degli adulti, si definiscono «non adatti ad ospitare i bambini»: dall’hotel La Scalinatella di Capri a Palazzo Hedone di Scicli nel ragusano.

E, poi ancora, in Sardegna i villaggi turistici e resort senza bambini sono tantissimi: dal Costa Rey Wellness & Spa di Muravera al The Pelican Beach Resort & Spa di Pittulongu, passando per il Club Hotel Li Suari di San Teodoro.

Off limits ai bambini anche molte spiagge, a partire dal Florida Beach Club ai piedi del Monte Argentario, e molte strutture benessere come Borgo Brufa Spa Resort a Brufa di Torgiano in Umbria o il Medical Spa Villa Eden di Merano.

All’estero, poi, le strutture che adottano le «no kids policy» più rigide sono il Catalonia Royal Tulum Beach & Spa Resort in Messico, il Bucuti and Tara Beach Resort di Aruba, il Veraclub Negril in Giamaica, il KB Suites & Spa di Skiathos in Grecia