Ahmad Massud, il leone del Panjshir ruggisce ancora

Lorenzo Della Corte

Nel Panjshir un leone ruggisce ancora. Un anno dopo il precipitoso e caotico abbandono di Kabul delle truppe statunitensi, in Afghanistan il desiderio di democrazia e libertà non è stato ancora soffocato. Nonostante il ripristino della sharia e delle restrizioni imposte dal governo talebano, nel Panjshir si è organizzata una forza di resistenza pronta a lottare per un Afghanistan diverso da quello voluto dai fondamentalisti islamici.

Principale voce della resistenza è Ahmad Massud, figlio del Leone del Panjshir, il generale Massud, ucciso dai talebani pochi giorni prima dell’attentato alle Torri Gemelle. Ahmed Massud, non appena le truppe occidentali hanno lasciato il paese, scrisse un appello alle democrazie, tramite il Washington Post, nel quale proclamava la volontà, sua e dei suoi mujaheddin, di tornare a combattere, ancora una volta, contro il regime talebano e per la libertà delle donne e degli uomini afghani.

«Abbiamo lottato così a lungo per avere una società aperta, in cui le ragazze potessero diventare dottoresse, la nostra stampa potesse scrivere liberamente, i nostri giovani potessero ballare e ascoltare musica o assistere alle partite di calcio negli stadi un tempo utilizzati dai talebani per il pubblico esecuzioni — e presto potrebbero esserlo di nuovo», perché le forze jihadiste non rappresentano solo un problema per gli afghani, ma potranno presto tornare ad essere una spina nel fianco dell’occidente, se si lascerà spazio alla narrativa qaedista.

«Sotto il controllo talebano, l’Afghanistan diventerà senza dubbio il ground zero del terrorismo islamista radicale; qui, ancora una volta, verranno orditi complotti contro le democrazie. Qualunque cosa accada, io e i miei combattenti mujaheddin difenderemo il Panjshir come l’ultimo bastione della libertà afghana. Il nostro morale è intatto. Sappiamo per esperienza cosa ci aspetta. Ma abbiamo bisogno di più armi, più munizioni e più rifornimenti.»

Proprio per questo, ovvero per sensibilizzare l’opinione pubblica occidentale e per organizzare la diaspora afghana, il leader del Fronte di Resistenza Nazionale dell’Afghanistan è giunto in Europa, precisamente a Vienna.

Il suo obiettivo dichiarato non è quello di destituire militarmente Mohammad Hassan Akhund, capo del governo talebano, bensì Massud ritiene che si debbano porre le basi affinché il popolo afghano possa tornare alle urne e decidere, democraticamente, chi debba governare il paese, anche qualora il voto dovesse decretare la vittoria degli integralisti islamici. Infatti, la volontà di Massud non è quella di conquistare con le armi Kabul, ma crede che l’Afghanistan meriti un governo democratico e, per fare in modo che ciò accada, è necessario che le potenze democratiche collaborino e aiutino a rendere questo progetto non solo un sogno, ma qualcosa di concreto e realizzabile.

Nel mondo non esistono vuoti di potere, laddove non c’è una potenza ne subentra un’altra e, mentre il mondo occidentale ha gli occhi puntati solo sulla valorosa resistenza ucraina, Pechino stringe accordi con il regime di Kabul per sfruttare materie prime e controllare uno snodo fondamentale tra l’Europa e l’Asia. Possa il ruggito di Ahmad Massud non rimanere inascoltato.