Airola, detenuti del carcere minorile usano computer e tablet per colloqui familiari a fronte dell’emergenza Covid-19 per accedere a chat porno e social

redazione

Importante operazione di servizio all’interno del carcere minorile di Airola, in provincia di Benevento. La Polizia Penitenziaria ha scoperto l’uso fraudolento da parte di alcuni detenuti degli apparati tecnologici messi a loro disposizione dal Ministero della Giustizia per consentire i colloqui on line con i familiari. A darne notizia è Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo di Polizia Penitenziaria SAPPE: “Il personale di Polizia Penitenziaria del carcere minorile di Airola ha accertato infatti che alcuni detenuti, autorizzati ad effettuare le videochiamate tramite Whatsapp  e Skype con pc e tablet forniti dall’Amministrazione della Giustizia minorile, hanno pensato bene di creare doppi contatti, di videochiamare su numeri non autorizzati, di videochiamare su contatti erotici, di accedere ai propri profili Facebook e sociale ed infine addirittura di inviare delle proprie foto a canali televisivi locali. L’intuizione della Polizia Penitenziaria ha permesso di accertare e stroncare questo incredibile abuso”.

Capece denuncia: “Questo è successo perché, ed è veramente grave ed assurdo, gli apparati tecnologici forniti alla Direzione per effettuare questi colloqui non erano stati bloccati proprio ad usi illeciti, come questo. La situazione nel carcere minorile di Airola ormai è fuori controllo: e questo anche a causa della mancanza di un direttore in pianta stabile. Oggi la reggenza del carcere è affidata a un direttore che è presente poche volte a settimana, gestendo altri due istituti, e non vi è neppure un vice direttore che avrebbe dovuto elaborare e fornire un Disciplinare ad hoc per questo servizio.”

Per Capece, “va dato atto e lustro al personale di Polizia Penitenziaria, in servizio ad Airola e nelle carceri per adulti e minori italiane, che quotidianamente, solo grazie all’esperienza e professionalità, riesce a prevenire e reprimere reati d’ogni genere, che si verificano all’intero degli istituti penitenziari. Nonostante nella maggior parte degli istituti penitenziari si stiano adottando misure di sicurezza basate sulla dinamicità e sulla videosorveglianza, che a nulla servono se non si prevede l’obbligo del lavoro per i detenuti, non ci sono telecamere e altri sistemi di sicurezza che possano intervenire e sostituire la professionalità della Polizia Penitenziaria”.

Il segretario generale del SAPPE evidenzia infine come “quel che è accaduto ad Airola dimostra che la tensione che caratterizza le carceri, al di là di ogni buona intenzione, è costante. Le carceri sono più sicure assumendo gli Agenti di Polizia Penitenziaria che mancano, finanziando gli interventi per potenziare i livelli di sicurezza delle carceri, come ad esempio i body scanner che potrebbero comunque aiutare molto in termini di prevenzione e contrasto circa l’introduzione di materiale illecito e non consentito nelle carceri”.