Carceri: ancora alta la tensione a Pontedecimo

Roberto Imbastaro

“Continua a restare alta la tensione nelle carceri genovesi. Nel penitenziario di Pontedecimo si continuano a registrate situazioni di tensione che vanno ad acuire lo stress e le già gravose condizioni di lavoro dei poliziotti penitenziari e che condizionano inevitabilmente la serenità all’interno delle sezioni detentive. Nel recentissimo passato abbiamo parlato di detenuti che hanno inveito e lanciato oggetti contro il Personale di Polizia: qualche giorno fa, alle 3.30 di notte, un detenuto italiano ristretto per rapina, con fine pena 14/12/2012, è stato trovato a terra nella propria cella dai colleghi della Polizia penitenziaria che hanno provveduto a rianimarlo mediante massaggio cardiaco e respirazione artificiale: un intervento tempestivo che ha salvato la vita al detenuto, particolarmente importante se si considera che a tale ora non vi sono in carcere ne medici ne infermieri. Il ristretto è ora ricoverato presso la Sala rianimazione dell’ospedale di Genova. Una cosa è certa: se non fosse per la professionalità, l’attenzione, il senso del dovere dei poliziotti penitenziari le morti in carcere sarebbero purtroppo molte di più di quelle attuali.”A dichiararlo in una nota Roberto Martinelli, segretario generale aggiunto del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, la prima e più rappresentativa organizzazione di Categoria.Il SAPPE segnala altre criticità verificate a Pontedecimo: “Solo grazie all’attenzione, allo scrupolo ed alla professionalità di Personale di Polizia Penitenziaria in servizio, è stato rinvenuto all’interno di una cella del carcere di Genova Pontedecimo un telefonino cellulare. Questo ci impone di tornare a chiedere al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria interventi concreti. A nostro avviso è ormai indifferibile adottare tutti quegli interventi che mettano in grado la Polizia Penitenziaria di contrastare la rapida innovazione tecnologica e la continua miniaturizzazione degli apparecchi che risultano sempre meno rilevabili con i normali strumenti di controllo. Appaiono pertanto indispensabili interventi immediati compresa la possibilità di "schermare" gli istituti penitenziari al fine di neutralizzare la possibilità di utilizzo di qualsiasi mezzo di comunicazione non consentito e quella di dotare tutti i reparti di Polizia Penitenziaria di appositi rilevatori di telefoni cellulari per ristabilire serenità lavorativa ed efficienza istituzionale, anche attraverso adeguati ed urgenti stanziamenti finanziari.”

Martinelli sottolinea ancora una volta le criticità del carcere genovese: “Pontedecimo è un carcere nel quale i posti letto regolamentari sono 96 ma i detenuti (uomini e donne) effettivamente presenti sono ben 184 (90 uomini e 94 donne), più del 50% dei quali stranieri, mentre al Reparto di Polizia Penitenziaria mancano in organico circa 50 poliziotti (ce n’è in forza 118 e dovrebbero essere 167).  Ed a breve cambierà anche il direttore del carcere, che tra le mille criticità concrete ricordiamo solo per avere autorizzato un colloquio tra un cane e la padrona detenuta…”. Il SAPPE mette infine in luce una ulteriore triste realtà: “Pochi lo sanno ma in Italia, dietro le sbarre, ci possono finire anche gli innocenti per definizione, i bambini. Al momento a Pontedecimo c’è un  bambino in cella con la mamma detenuta. Ma il carcere, anche nelle situazioni in cui sono realizzate specifiche sezioni come a Pontedecimo, rimane un luogo incompatibile con le esigenze di relazione tra madre e figlio e di un corretto sviluppo psicofisico dei bambini. Si dovrebbe realizzare anche a Genova, come in altre città italiane, una struttura esterna al carcere a custodia attenuta, ma mi sembrano tutti disinteressati a questa triste realtà. In questo contesto un convinto plauso va alle nostre Agenti di Pontedecimo (spesso mamme loro stesse), che hanno espresso nel tempo ed esprimono quotidianamente una professionalità ed una umanità davvero particolari, riuscendo a conciliare perfettamente il binomio di tutori dell’ordine e della sicurezza e di operatrici del trattamento rieducativo con una particolare ed apprezzata sensibilità umana.”