“Nella mattina di oggi 11.8.2014, verso le ore 9.00, un detenuto triestino di 42 anni è stato trovato morto nel proprio letto della sezione infermeria ove condivideva la cella con altri 6 ristretti (celle inizialmente nate per ospitare tre detenuti con problemi sanitari, ma trasformate in sezione comune per questioni di sovraffollamento. Attualmente la forza è di 195 detenuti a Trieste rispetto 155 posti regolamentari”, spiega il segretario generale del SAPPE Donato Capece. “Dai primi accertamenti sembrerebbe che il decesso sia avvenuto per cause naturali, tant’è che gli stessi compagni di cella credevono che il deceduto dormisse. Il detenuto avrebbe finito di scontare la pena per reati di maltrattamenti in famiglia a breve (27.9.2014). Non risultava essere tossicodipendente e non assumeva terapie particolari”.
“Quel che mi preme mettere in luce” aggiunge Capece“è la professionalità, la competenza e l’umanità che ogni giorno contraddistingue l’operato delle donne e degli uomini della Polizia Penitenziaria con tutti i detenuti per garantire una carcerazione umana ed attenta pur in presenza ormai da anni di oggettive difficoltà operative come il sovraffollamento, le gravi carenze di organico di poliziotti, le strutture spesso inadeguate. Siamo attenti e sensibili, noi poliziotti penitenziari, alle difficoltà di tutti i detenuti, indipendentemente dalle condizioni sociali o dalla gravità del reato commesso – aggiunge ancora il leader dei poliziotti penitenziari -. “Negli ultimi vent’anni anni, dal 1992 al 2012, abbiamo salvato la vita ad oltre 17.000 detenuti che hanno tentato il suicidio ed ai quasi 119mila che hanno posto in essere atti di autolesionismo, molti deturpandosi anche violentemente il proprio corpo. Numeri su numeri che raccontano un’emergenza purtroppo ancora sottovalutata, anche dall’Amministrazione penitenziaria che pensa alla vigilanza dinamica come unica soluzione all’invivibilità della vita nelle celle senza però far lavorare i detenuti o impiegarli in attività socialmente utili”.