Caso Cucchi, SAPPE "Poliziotti linciati ingiustamente"

redazione

“Seguiamo con attenzione gli sviluppi giudiziari dell’inchiesta sulla morte di Stefano Cucchi. Lo avevo già detto e lo ribadisco: mi sembra del tutto evidente che in molti dovranno chiedere scusa per le accuse formulate al Corpo di Polizia Penitenziaria, linciato mediaticamente ed anche politicamente senza alcuna prova…”.

Lo dichiara Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, la prima e più rappresentativa organizzazione dei Baschi Azzurri.

“L’ho detto e lo ribadisco. Siamo sempre stati solidali con la Famiglia Cucchi per la perdita del loro familiare, ma anche fieri del nostro lavoro quotidiano e della nostra abnegazione al servizio del Paese. Noi non abbiamo nulla da nascondere e da subito ci siamo detti fiduciosi nell’operato della magistratura”, sottolinea. “Eppure, da subito vennero formulate accuse gravi, anche da autorevoli politici e membri dell’Esecutivo Berlusconi allora insediato contro la Polizia Penitenziaria, senza avere alcuna conoscenza dei fatti. Esiste la verità processuale, che è quella che si forma nel dibattimento e che è l’unica verità che può interessarci in questo caso. E la vicenda processuale legata alla morte di Stefano Cucchi ha chiarito un aspetto per noi molto importante. Sia la sentenza di primo grado che quella di appello hanno assolto i poliziotti penitenziari che lavorano a piazzale Clodio, presso il Palazzo di Giustizia di Roma, dalle accuse (non suffragate da alcuna prova!) loro mosse. Lo hanno accertato due Corti, 4 giudici togati, 12 giudici popolari. Ed ora mi sembra del tutto evidente che le responsabilità vanno trovate altrove… ”.

Il SAPPE ricorda infine che già nel dicembre 2009, “la rigorosa inchiesta amministrativa disposta dall’allora Capo del dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria Franco Ionta sul decesso di Stefano Cucchi escluse responsabilità, da parte del personale di polizia penitenziaria, in particolare di quello che opera nelle celle detentive del palazzo di Giustizia a Roma”.