Caso Uber: il commento di Darktrace

redazione

A seguito della violazione di dati che ha colpito Uber, il commento di Emily Orton, Director e co-founder di Darktrace

La notizia di oggi relativa a Uber pone una domanda: “Quante altre aziende di cui non siamo a conoscenza hanno pagato un riscatto per coprire un attacco informatico? Uber è solo una delle tante società con molte risorse e team di sicurezza strutturati a essere colpite da violazioni di dati su larga scala e in questo scenario diventa chiaro che la sfida della sicurezza informatica non può più essere affrontata solo dagli esseri umani. Con le reti che esplodono in termini di complessità digitale e le minacce che diventano sempre più sofisticate, le aziende devono armarsi di tecnologia di machine learning in grado di potenziare l’intervento umano in questa battaglia.

Ma oltre ad abbracciare questa nuova tipologia di tecnologia, abbiamo bisogno di un cambiamento culturale rispetto alla semplice critica verso quelle realtà che sono state vittime su larga scala; aspetto che spesso vediamo emergere dopo un attacco informatico e che incoraggia semplicemente le aziende a cercare di nascondere le violazioni. Nuove normative come il GDPR, che entrerà in vigore nel mese di maggio 2018, richiedono alle aziende di riferire alle autorità preposte se avviene un eventuale data breach entro 72 ore per non andare incontro a sanzioni consistenti. Al di là delle crescenti pressioni da parte degli enti regolatori, tuttavia, dobbiamo riconoscere che la minaccia è onnipresente, nessuna organizzazione è invulnerabile e la responsabilità delle vittime distoglie l’attenzione dal problema principale: come possiamo difendere i nostri dati personali, le aziende e l’infrastruttura?