In Italia ci sono complessivamente circa 54mila persone detenute. Gli ultimi dati forniti dall’Amministrazione Penitenziaria ci dicono che sono positivi al virus 61 poliziotti penitenziari e 35 detenuti, quasi tutti seguiti e gestiti internamente agli istituti. 3 sono i positivi tra i “civili”, ossia appartenenti alle Funzioni centrali. Non c’è alcun allarmismo circa il “Coronavirus”, dunque, ma richiamo il Ministero della Giustizia ed in particolare il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria a predisporre adeguati interventi a tutela delle donne e degli uomini del Corpo di Polizia Penitenziaria, in servizio nella prima linea delle Sezioni detentive 24 ore giorni, e di tutti gli operatori penitenziari”. E’ l’auspicio di Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE.
“Non c’è alcun allarme Coronavirus nelle nostre carceri, per adulti e minori, non si deve affatto abbassare la guardia ma è auspicabile che si adottino le opportune cautele”, prosegue. “La promiscuità nelle celle può favorire la diffusione delle malattie, specie quelle infettive. Se si considera che un terzo della popolazione detenuta è straniera, autorevoli consessi impegnati nella sanità in carcere, come la SIMSPe, hanno constatato che con il collasso di sistemi sanitari esteri e con il movimento delle persone, si riscontrano nelle carceri tassi di tubercolosi latente molto più alti rispetto alla popolazione generale. Se in Italia tra la popolazione generale si stima un tasso di tubercolosi latenti, cioè di portatori non malati, pari al 1-2%, nelle strutture penitenziarie ne abbiamo rilevati il 25-30%, che aumentano ad oltre il 50% se consideriamo solo la popolazione straniera”. Capece ricorda che l’Epatite C è tuttora l’infezione maggiormente presente nella popolazione detenuta in Italia.
Per il SAPPE, dunque, “è indispensabile monitorare costantemente la questione e predisporre ogni utile intervento a tutela dei poliziotti e degli altri operatori penitenziari”.