Nessun responsabile per la sospensione del derby del 21 marzo del 2004 tra Roma e Lazio, quando l’arbitro Roberto Rosetti rinviò l’incontro dopo l’invasione di campo di alcuni ultrà che invitarono i calciatori a interrompere il gioco diffondendo la notizia (infondata) che un bambino aveva perso la vita negli incidenti scoppiati con la polizia nei dintorni dello stadio Olimpico. Lo ha deciso Patrizia Pacifici, giudice del tribunale che, accogliendo le richieste del pubblico ministero e della difesa, ha disposto il "non doversi procedere" per intervenuta prescrizione nei confronti di Roberto Morelli, Stefano Sordini, Stefano Carriero, Andrea Frasca, Daniele De Santis, Antonio Schiavo e Gianluca Lucani. Cadute le originarie contestazioni di istigazione a disobbedire alle leggi dello Stato e di violenza privata che portarono in carcere i primi tre ultrà (arresto poi non convalidato dal gip Giorgio Maria Rossi), tutti rispondevano di aver "scavalcato indebitamente il divisorio di vetro che delimita la zona riservata al pubblico della curva sud dello stadio Olimpico e di aver invaso il terreno di gioco dove si stava disputando l’incontro di calcio Lazio-Roma, condotta da cui derivava un pericolo concreto per i presenti in considerazione della particolare affluenza di pubblico al derby cittadino e del clima di tensione creatosi sia in campo che sugli spalti". Trattandosi all’epoca di una contravvenzione, poi diventato delitto nel 2005 con l’applicazione del decreto Pisanu, l’accusa è caduta in prescrizione il 21 settembre, esattamente quattro anni e mezzo dopo i fatti. Le difese, pronte a dimostrare la buona fede dei loro assistiti che avrebbero agito secondo stato di necessità, erano pronte a citare in aula tutti i protagonisti in campo di quel derby (a cominciare dal capitano giallorosso Francesco Totti), oltre ad Adriano Galliani (come Lega Calcio) e Achille Serra, all’epoca dei fatti prefetto di Roma.
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