Droni armati in Italia e in Europa: problemi e prospettive

redazione

Nel contesto della odierna guerra al terrorismo, iniziata dagli Stati Uniti all’indomani degli attentati dell’11 settembre 2001 con la complicità dei governi europei, ha assunto strategica rilevanza l’impiego di aeromobili a pilotaggio remoto (APR, comunemente detti droni). Inizialmente usati a fini di ricognizione e sorveglianza, i droni, nella loro versione armata, sono sempre più presenti nei conflitti armati contemporanei e in operazioni letali condotte contro presunti terroristi (i cosiddetti “targeted killings”) anche al di fuori del campo di battaglia.

Accanto agli Stati Uniti e ad Israele, l’Europa è in prima fila nell’adozione di questa tecnologia e nell’avallare pratiche alquanto dubbie dal punto di vista del diritto internazionale. L’Italia, pur non disponendo ancora di droni armati, nel 2015 ha ottenuto dagli Stati Uniti l’autorizzazione ad armare i propri velivoli senza pilota. Il nostro paese gioca inoltre un ruolo fondamentale in questa nuova “guerra” per la sua posizione strategica e per le infrastrutture militari messe a disposizione degli Stati Uniti. La base militare di Sigonella ospita da anni diversi velivoli APR statunitensi, impiegati non solo a scopo di sorveglianza, ma anche di difesa armata.

Dopo che, nel febbraio 2016, il Wall Street Journal ha diffuso la notizia di un non meglio precisato accordo tra Roma e Washington sulla presenza di droni armati statunitensi nella base di Sigonella, alcuni esponenti dell’Esecutivo – tra cui l’allora Ministro degli Esteri Gentiloni, il Ministro della Difesa Pinotti e l’allora Premier Renzi – hanno dichiarato che l’Italia avrebbe autorizzato, di volta in volta, l’impiego dei droni armati a scopi esclusivamente difensivi. Ad oggi non è dato tuttavia sapere se e quali autorizzazioni siano state rilasciate dal nostro Governo.

Al crescente impiego di questa tecnologia non corrisponde altrettanta attenzione da parte della politica e dell’opinione pubblica. In Italia, in particolare, nonostante la notizia di una vittima italiana dei droni armati statunitensi, il siciliano Giovanni Lo Porto, è mancato un vero dibattito pubblico sul ricorso ai droni armati per operazioni letali ed il ruolo che il nostro Paese sta giocando in questo senso. Data l’allarmante scarsità di informazioni da parte dei governi circa le policy adottate nell’utilizzo dei droni armati, questa Conferenza si propone di iniziare un serio e approfondito dibattito sulle implicazioni di tale tecnologia dal punto di vista del diritto internazionale, tenendo in considerazione anche la prospettiva politica e militare.

La Conferenza ospiterà tre sessioni, corrispondenti ad altrettante aree di discussione attorno al tema della “guerra dei droni”:

1. La prima sessione è finalizzata a inquadrare il tema in termini giuridici, secondo una prospettiva sia internazionale (prima parte della sessione mattutina) sia nazionale (seconda parte della sessione mattutina). Verranno affrontate questioni relative alla strutturazione e svolgimento delle operazioni con droni armati, alla loro compatibilità con le norme del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani fondamentali. Si affronterà altresì la questione della trasparenza sull’uso di tali velivoli, ove si contrappongono segreto di Stato, da un lato, ed esigenze di accessibilità a tali procedure da parte dei cittadini, dall’altro.

2. La seconda sessione è dedicata alle testimonianze di vari soggetti aventi una particolare conoscenza del programma operativo dei droni armati tra cui giornalisti, whistleblower, ex- funzionari di enti governativi, incaricati di condurre o supervisionare operazioni armate con droni, che hanno denunciato le criticità e carenze delle procedure adottate.

3. La terza sessione, infine, costituisce un approfondimento delle ripercussioni politico-strategiche della tecnologia “a pilotaggio remoto” sugli attuali scenari geopolitici globali; in particolare, si discuterà dell’idoneità di tale forma di “guerra” nel contrastare la minaccia terroristica, oltre che dei suoi possibili effetti distorsivi. A tale sessione parteciperanno, tra gli altri esperti, rappresentanti di organizzazioni non governative che si occupano da anni di contrastare la proliferazione degli armamenti e gli effetti nocivi sulla popolazione civile a livello sia interno sia internazionale.