Emergenza neve, coinvolti anche detenuti di Roma e Sulmona

redazione

“E’ certamente positivo l’impiego a Roma e Sulmona di detenuti per prevenire l’emergenza neve e pulizia delle strade. Peccato solo che la percentuale di ristretti coinvolti – 6 a Roma e 10 a Sulmona – è assolutamente minimale rispetto ai detenuti presenti in carcere. Il primo Sindacato della Polizia Penitenziaria, il SAPPE, ritiene si debba investire di più per impiegare i detenuti più in generale in iniziative di recupero del patrimonio ambientale e in attività lavorative durante la detenzione, specie potenziando i Reparti di Polizia Penitenziaria che sono carenti di Agenti. Il lavoro rappresenta certamente il primo e più importante elemento del trattamento ed incide anche sulla sicurezza. In Germania, ad esempio, tutte le strutture penitenziarie tedesche hanno un bilancio in attivo proprio grazie al fatto che la maggioranza dei detenuti lavorano e che, quindi, non starebbero in cella ad oziare tutto il giorno, facendo anche venir meno le situazioni critiche che si registrano ogni giorno nei penitenziari”.

Lo dichiara il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, per il tramite del segretario generale Donato Capece, commentando l’impiego di detenuti che a Roma, in affiancamento a personale dell’Ama, stanno pulendo le strade della Capitale adiacenti il Campidoglio ed a Sulmona le vie cittadine.

Capece torna a sottolineare un concetto già espresso da tempo dal primo Sindacato della Polizia Penitenziaria, il SAPPE: “Bisognerebbe impiegare in tutte le Regioni e provincie d’Italia i detenuti in progetti per il recupero del nostro patrimonio ambientale, la pulizia dei greti dei fiumi e dei torrenti e delle molte spiagge del nostro meraviglioso Paese. Non a caso l’attivazione sul territorio nazionale di iniziative inerenti la promozione del lavoro è diventato obiettivo primario che l’Amministrazione Penitenziaria persegue al fine del coinvolgimento consapevole e responsabile dei soggetti in espiazione di pena in attività lavorative volte all’integrazione e al reinserimento nella comunità sociale. Tutto questo nella convinzione che il lavoro è uno degli elementi determinanti su cui fondare percorsi di inclusione sociale non aleatori. Quindi, ben vengano le iniziative di Roma e Sulmona. Impiegare in detenuti in progetti di recupero del patrimonio ambientale e in lavori di pubblica utilità è peraltro una delle richieste ‘storiche’ del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, motivata dalla necessità concreta di dare davvero un senso alla pena detentiva. I detenuti hanno prodotto danni alla società con i loro crimini e reati? Bene, la ripaghino concretamente, imparando anche un mestiere che potrebbe essere loro utile una volta tornati in libertà.“

Capece ribadisce che “per il SAPPE è ora di rivedere organicamente il sistema dell’esecuzione della pena attraverso un nuovo modulo a tre livelli: il primo, per i reati meno gravi e di minor allarme sociale, sarà caratterizzato da pene alternative al carcere. La più recente proposta è l’istituto della “messa alla prova”, finora sperimentato nel processo minorile, quale strumento di deflazione del processo: su richiesta dell’imputato questi sarebbe ammesso alla prova, prima dell’accertamento del fatto. Il secondo livello è quello che riguarda le pene medio – lunghe, che inevitabilmente dovranno essere espiate in carcere, ma immaginiamo istituti molto meno affollati per lo sgravio conseguente all’operatività del primo livello e per una notevole riduzione dell’utilizzo della custodia cautelare. L’emenda è garantita dalla privazione della libertà personale, ma l’obiettivo sociale prevalente dovrà essere quello del trattamento, finalizzato al reinserimento a fine pena e quindi alla prevenzione della recidiva. Il terzo livello, è quello della massima sicurezza, del 41 bis c. 2° O.P.. In questo settore il contenimento è l’obiettivo prioritario.”