GdF: Trieste, criminalità organizzata da esportazione, arrestati 7 soggetti responsabili di estorsioni commesse in Croazia

Oriol De Luca

C’è una storia di ingenti investimenti provenienti dalla camorra campana dietro i 7 arresti operati stamani dai finanzieri del Comando Provinciale di Trieste e dagli agenti della Direzione Investigativa Antimafia, a seguito di una complessa operazione che ha messo in luce una lunga serie di estorsioni (aggravate dal metodo mafioso) pianificate in Italia e messe in atto in territorio croato – principalmente nella città di Pola – in danno di imprenditori italiani lì operanti.
Solito cliché tipicamente malavitoso dietro i delitti estorsivi perpetrati dai responsabili, con minacce e intimidazioni varie volte a favorire gli interessi criminali del famigerato clan camorristico dei “Casalesi”.
La vicenda ha cominciato a prendere corpo allorquando gli investigatori italiani hanno acquisito particolareggiate informazioni nei confronti di un faccendiere di Portogruaro (VE), attualmente detenuto per altre vicende giudiziarie, il quale risultava aver investito forti somme di denaro (circa 12 mln. di euro) in diverse società aventi sede in Croazia, Slovenia e Gran Bretagna. Un vero e proprio fiume di denaro dunque, ma in larga parte proveniente dai business criminali gestiti dagli stessi “Casalesi”.
Ad interrompere il tutto, però, interveniva un’operazione delle Autorità giudiziarie e di polizia croate le quali, sulla base di denunce presentate da un professionista ed accogliendo le istanze di altri creditori, disponevano il pignoramento dei conti correnti intestati alle società facenti capo al faccendiere portogruarese disponendone dunque il blocco; fattore questo che gli impediva materialmente di restituire il denaro a lui affidato dai clan.
Il dissesto finanziario nel frattempo intervenuto, e le richieste sempre più pressanti dei sui “sodali” campani, inducevano questi ultimi a mettere in atto ripetute estorsioni ai danni di numerosi professionisti italiani e croati.
A questo punto della vicenda intervenivano dunque gli arrestati i quali, per mettere al riparo il faccendiere da possibili ritorsioni da parte dei suoi creditori esasperati dalla perdita dei soldi investiti, di fatto ne andavano a garantire l’incolumità negli spostamenti e finanche dentro la propria abitazione.
A riprova di quale fosse il tenore criminale dei soggetti arrestati oggi – che in realtà dovevano assicurare a tutti i costi gli interessi economici dei “Casalesi” in Croazia – basti considerare come gli stessi, avvalendosi della loro tracotante forza intimidatrice, non solo costringevano gli atri creditori a rinunciare ai loro soldi, bensì anche a fargli cedere in favore del loro “protetto” beni mobili ed immobili senza ricevere alcun corrispettivo, oppure ad accordargli consistenti prestiti da far confluire nelle società facenti capo allo stesso faccendiere.
Secondo gli inquirenti, gli interessi finanziari in gioco ammontano ad un giro d’affari pari a decine di milioni di euro, il che giustifica tutto l’interesse riservato dai clan nei confronti del “faccendiere-socio” nel loro notevole investimento compiuto oltre Adriatico.
L’operazione, che ha visto impegnati tra militari della Guardia di Finanza ed agenti della D.I.A. 90 uomini, ed ai quali si sono aggiunti anche militari dell’Esercito appartenenti all’8° Reggimento Genio Guastatori di Legnago (VR), ha comportato anche decine di perquisizioni che hanno interessato le province di Napoli, Milano, Modena, Treviso, Padova, Venezia, Udine e Trieste, e vede altresì complessivamente indagate 13 persone.