Secondo i finanzieri del Comando Provinciale di Venezia si trattava di una vera e propria holding, un comitato d’affari molto attivo nel traffico internazionale di armi composto da tre cittadini italiani (due dei quali coniugi) ed un uomo di nazionalità libica che, al momento, risulta irreperibile.
L’operazione delle fiamme gialle veneziane – battezzata in codice “Italian Job” – è stata coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli ed ha interessato il II Reparto del Comando Generale GDF, oltre allo SCICO (Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata) con in più alcuni Reparti territoriali del Corpo impegnati in 10 perquisizioni effettuate in varie regioni italiane.
Secondo gli inquirenti i 4 responsabili dell’illecito traffico, attraverso triangolazioni con società ucraine e tunisine a loro riconducibili, avrebbero ceduto materiali di armamento prodotti in Paesi dell’ex blocco sovietico a gruppi armati libici.
I due coniugi di origine partenopea, in particolare, vantavano stretti rapporti con personalità libiche e iraniane, il che gli avrebbe consentito di fare ottimi affari nonostante il vigente embargo che vieta di esportare armi e/o altri materiali “dual use” (es. eliambulanze che con poche modifiche possono essere trasformate in elicotteri da guerra) sia in Libia, sia in Iran.
Tra le aziende italiane implicate nel traffico figura anche una società con sede a Roma, operante nel commercio di elicotteri, la quale, sulla base degli elementi di prova raccolti dai finanzieri, avrebbe in almeno un caso ceduto sistemi d’arma verso l’Iran avvalendosi di triangolazioni con società estere, oltre a svariati altri tentativi che secondo gli investigatori sarebbero stati compiuti in modo diretto ed univoco al fine di vendere elicotteri militari, fucili d’assalto, munizionamento da guerra, missili anti-carro e terra/aria nei due citati Paesi.
Indicativo rilevare come gli uomini della Guardia di Finanza siano arrivati a scoprire il tutto grazie ad una pregressa indagine risalente al 2011, condotta nel settore della criminalità organizzata.
In quel caso i finanzieri dello SCICO, su ordine della D.D.A. di Napoli, stavano seguendo le mosse di un individuo ritenuto vicino alla c.d. “Mala del Brenta”. Durante quella stessa indagine i militari intercettarono una telefonata del sospettato diretta a un individuo contiguo al clan dei Casalesi, conversazione nella quale gli chiedeva di trovargli persone capace di addestrare alla guerriglia un gruppo di mercenari somali.
Fu proprio quell’episodio a svelare successivamente alle fiamme gialle l’esistenza di tale traffico, nonché svelare le identità di chi lo stava conducendo.