Il corridoio di Mariupol, la perseveranza di papa Francesco

Lorenzo Della Corte

Il Santo padre lo aveva detto: il Vaticano non riposa mai, la nostra azione diplomatica in nome della pace continua, nonostante non sia stato possibile organizzare un incontro con il patriarca Kirill.

A distanza di poco tempo dall’intervista a La Naciòn, le Nazioni Unite e la Croce Rossa Internazionale, in collaborazione con la Chiesa di Roma, sono riuscite ad aprire un corridoio umanitario a Mariupol che ha portato in salvo alcuni dei civili presenti nell’acciaieria dell’Azovstal.

Dopo due mesi di buio e paura, le trattative avviate tra gli operatori dell’Onu, il governo ucraino e i generali russi hanno condotto ad un primo importante successo che ha permesso ad almeno un centinaio di civili di evacuare dalle macerie dell’acciaieria Azovstal, ormai simbolo della resistenza ucraina contro l’avanzata dei battaglioni russi.

Il presidente Zelensky ha mostrato tutta la propria soddisfazione per questa importante azione umanitaria, dichiarando: «siamo finalmente riusciti ad avviare l’evacuazione delle persone dall’Azovstal. Dopo tante settimane di trattative, dopo tanti tentativi, diversi incontri, bandi e proposte. Non c’è stato un solo giorno in cui non abbiamo cercato di trovare una soluzione che salvasse la nostra gente. Oggi, per la prima volta in tutti i giorni della guerra, questo corridoio umanitario ha iniziato a funzionare. Per la prima volta ci sono stati due giorni di vero cessate il fuoco.»

Papa Francesco, come ha scritto Carlo Tecce in un articolo uscito su L’Espresso, non si è lasciata abbattere dai ripetuti niet ricevuti dal Cremlino e ha perseverato nella propria iniziativa di pace tenendo aperti i canali diplomatici sia con il presidente Zelensky, con il quale il primo colloquio telefonico risale al 22 marzo, sia con il patriarca Kirill con il quale, nonostante il naufragio del possibile incontro a Gerusalemme il prossimo giugno, continua ad avere contatti.

A tal proposito, proprio in occasione della Pasqua ortodossa, Bergoglio ha fatto recapitare una lettera di augurio al patriarca di Mosca nella quale ha invitato Kirill a lasciarsi ispirare dallo Spirito Santo e divenire un «vero operatore di pace».

Una pace che, come ribadito anche dal nunzio Kulbokas, è l’unico fine cui può tendere la Santa Sede perché «ciascuno è libero di diventare martire e sacrificare sé stesso, ma la teologia cattolica – ha dichiarato il nunzio lituano – riconosce la legittima difesa. Noi non offriamo soluzioni politiche o militari. Questo è un principio chiaro. Noi non incoraggiamo un maggior armamento e non individuiamo le clausole di un accordo. Per questo motivo, come esplicitato dal Papa, non ci rivolgiamo ai presidenti e non menzioniamo né il governo di Kiev né quello di Mosca, però lavoriamo sempre per la pace sapendo distinguere chi offende e chi reagisce. Sotto la croce non esistono distinzioni, ci sono gli ucraini e anche i russi. Non mandiamo via nessuno».

Mentre le diplomazie e i media occidentali insistono sulla demonizzazione del nemico e, come ribadito da Jeffrey Sachs intervistato da Federico Fubini per il Corriere della Sera, gli Stati Uniti proseguono a commettere «il grande errore» di credere sia conveniente sconfiggere Putin e la Russia, senza aprire a possibili compromessi politici, la Santa Sede persevera sulla via del dialogo e la tutela dei civili, lavorando, festina lente, insieme all’unico interlocutore che potrebbe condurre Putin a più miti consigli: Cirillo I, patriarca di Mosca e di tutte le Russie.