Internet of Things: perché non bisogna ignorarne le basi

Roberto Imbastaro

L’Internet delle cose (IoT) è sempre più al centro delle discussioni, anche se per molti si tratta ancora di una moda “consumer-oriented” che deve ancora dimostrare di avere un impatto effettivo sul business delle aziende. A meno che, naturalmente, si tratti di aziende che traggano vantaggi diretti da questi “oggetti” come parte della propria strategia di business.

A volte ci si dimentica che, al di là dei gadget tecnologici rivolti ai consumatori che guadagnano i titoli dei giornali, c’è un intero mondo di sensori, appliance, sistemi di controllo, e addirittura anche di giocattoli che sono già entrati a far parte dell’Internet of Things. E tutto questo significa che ci sono già dei problemi di sicurezza evidenti.

Un esempio recente è quanto è accaduto con uno degli oggetti che penseremmo più sicuri al mondo: un orsacchiotto. Il giocattolo della Fisher Price, connesso a Internet, comunicava con un’applicazione web che, a sua volta, conteneva una vulnerabilità importante che comportava l’esposizione dell’identità del bambino che utilizzava il giocattolo. Non si tratta del primo caso di difetti individuati in questa tipologia di giocattoli, la bambola Hello Barbie ad esempio poteva trasformarsi in un possibile dispositivo di sorveglianza.

Non vi preoccupate perché non avete bambini? Date un’occhiata ai test di sicurezza di Princeton per lo switch Belkin Wemo, il termostato Nest, lo smart speaker Ubi, la telecamera di sicurezza Sharx, la cornice digitale Pixstar o l’hub SmartThings. Secondo il rapporto "Ubi utilizza metodi di comunicazione in chiaro che potrebbero rivelare informazioni sensibili, ad esempio se l’utente si trova in casa in un particolare momento o quali sono i movimenti nell’appartamento”. Anche Sharx e Pixstar trasferiscono dei dati che non sono crittografati. Gli esempi si susseguono uno via l’altro senza fine!


Forse ci siamo soffermati un po’ troppo sui nuovi “oggetti” perché rappresentano una novità e ogni cosa nuova che si connette a una rete porta con sé una quantità enorme di nuovi rischi per la sicurezza che devono essere affrontati in modo corretto. Da questo punto di vista si tratta di una sfida davvero emozionante.

 

La realtà è che un’azienda che vuole capire come incorporare questi “oggetti” nel proprio modello di business per accrescere l’efficienza operativa o per aprirsi a nuovi mercati deve ritornare ai principi fondamentali della sicurezza e garantire che anche da quel punto di vista sia stato effettuato tutto il necessario.
Crittografare il traffico, ad esempio, è molto semplice. Internet porta con sé oltre quindici anni di insegnamenti, a volte imparati sulla propria pelle, su quanto sia importante una gestione corretta delle chiavi e dei certificati. Eppure milioni di dispositivi riutilizzando cert e chiavi condivise. E la messa in sicurezza delle applicazioni web? Abbiamo sottolineato la sua importanza fina dalla nascita dell’e-commerce e per molti è ancora un aspetto da esplorare.

 

L’era dell’Internet of Things è arrivata, su questo non ho dubbi. Molti di questi nuovi oggetti sono già nati e alcuni di loro sembrano, come direbbe Douglas Adams, "praticamente innocui”! Ma non abbiamo a che fare solo con queste “cose” ma anche con le applicazioni ei sistemi con cui comunicano, sia che si tratti di registrare, attivare, ottenere nuovi contenuti, condividere dati o gestire a distanza.

Anche se l’applicazione fornisce solo delle funzioni di back-end per il vostro “oggetto” e non viene presentata come accessibile al pubblico, in realtà deve esserlo per definizione, se si vuole che l’oggetto possa connettersi a Internet. Questo significa che si dovrebbe insistere sul promuovere dei test di sicurezza per ogni applicazione a cui l’oggetto può accedere in rete. Sia che si trovi nel cloud o nel data center, l’applicazione deve essere testata e protetta!

L’Internet delle cose è il business delle applicazioni. E questo significa che garantire la sicurezza dell’IoT implica contemporaneamente proteggere gli oggetti e tutto l’ecosistema delle applicazioni che li sostiene.