In molti Paesi europei si sta valutando la possibilità di utilizzare passaporti vaccinali per consentire alle persone di poter accedere a più attività. Da quanto emerso da una nuova ricerca[1] di Kaspersky, la maggior parte degli utenti europei sarebbe disposta a fornire i propri dati personali per non subire più le restrizioni imposte dal lockdown. Guardando all’Italia, otto italiani su dieci accetterebbero di condividere dati sanitari, di geolocalizzazione e di contatto pur di ritornare a frequentare bar e ristoranti, partecipare a grandi eventi e viaggiare all’estero.
La data privacy heatmap di Kaspersky si basa sulle interviste condotte su un campione di 8.000 persone di 9 diversi Paesi europei e analizza quanto la privacy dei dati sia importante per gli utenti dopo la pandemia e quali siano le preoccupazioni principali a essa associate. Secondo quanto emerso dall’indagine, i cittadini europei sono pronti a fornire dati personali per superare completamente la crisi globale. Infatti, il 54% degli italiani intervistati acconsentirebbe a condividere i propri dati sanitari, di geolocalizzazione e di contatto se questo servisse ad aiutare il proprio paese a superare la crisi causata dalla pandemia, mentre l’80% lo farebbe per acquisire maggiore libertàe accesso alle attività quotidiane.
La possibilità di tornare a viaggiare all’estero è il motivo che spingerebbe il 36% degli italiani a condividere i propri dati sanitari, seguito dalla possibilità di tornare nei bar o nei ristoranti (23%) e di partecipare a grandi eventi (24%). Ricominciare a frequentare i centri commerciali dopo la pandemia non sembra invece interessare molto agli italiani, solo il 22% degli intervistati l’ha inserita tra le motivazioni per cui acconsentirebbe a fornire informazioni personali.
I più giovani si dimostrano senza dubbio i più inclini alla condivisione di dati in cambio della libertà: i Millennials con l’87%, la Generazione X con il 77% e la Generazione Z con il 75%. Si tratta, senza dubbio, delle generazioni le cui abitudini quotidiane sono state maggiormente colpite da questa pandemia.
Guardando ai Paesi europei, i più disposti a condividere informazioni sanitarie personali per aiutare il proprio Paese a superare la pandemia sono i portoghesi (58%), seguiti dagli italiani (54%) e dai danesi (49%). Meno propensi si dimostrano invece i francesi con il 32%. La tendenza osservata è in linea con l’approccio generale di questi Paesi verso la privacy dei dati. Infatti, solo il 36% dei francesi affiderebbe al proprio governo le proprie informazioni personali, rispetto al 67% dei danesi e al 53% degli italiani.
L’Italia è, inoltre, uno dei Paesi che dimostra di tenere maggiormente alla privacy, con il 98% degli intervistati che dichiara che la riservatezza dei propri dati personali è un aspetto molto importante. Solo il 63% degli italiani, però, ritiene di avere effettivamente il controllo sulle organizzazioni che vi hanno accesso. Parallelamente, l’85% degli intervistati è preoccupato che i propri dati possano cadere nelle mani sbagliate nei prossimi due anni.
“Dall’inizio della pandemia, i governi di tutta Europa hanno cercato un modo per monitorare la diffusione del virus al fine di dare una spinta all’economia, al settore hospitality e a quello dei viaggi. Nonostante ciò, solo il 47% degli europei condividerebbe con fiducia le proprie informazioni personali con il governo”, ha dichiarato Morten Lehn, General Manager Italy di Kaspersky. “Nonostante molti europei siano disposti a rinunciare ai loro dati personali in cambio di maggiore libertà, è importante che i governi nazionali siano più trasparenti sulle politiche di raccolta e archiviazione dei dati per costruire un rapporto di fiducia con i cittadini e superare in sicurezza la pandemia”.
[1] Kaspersky ha commissionato ad Arlington Research, un’agenzia ricerche di mercato indipendente, una ricerca su un campione rappresentativo a livello nazionale di 8.000 adulti in nove Paesi europei, per esplorare l’importanza che gli intervistati danno alla privacy dei dati e la loro disponibilità a condividere dati personali dopo la pandemia.