Le parole di Biden: la luce della democrazia contro le tenebre delle autocrazie è la sfida di questa generazione

Lorenzo Della Corte

«Non abbiate paura». Questo il messaggio che il presidente Biden, dal castello della città vecchia di Varsavia, ha indirizzato ai popoli dell’est europeo e, in particolare, all’alleato polacco e alla popolazione ucraina.

Il riferimento a Papa Giovanni Paolo II non è casuale, infatti, il leader della Casa Bianca, al termine del proprio tour europeo, ha voluto collocare i tragici eventi che stanno devastando il territorio ucraino nel lungo corso della storia che vede il sempiterno confronto tra autocrazie e democrazia. 

«Le campane della libertà che suonano per i popoli non hanno mai un suono leggero. Sono il risultato di lotte di mesi, di anni, di decenni». Non sarà una lotta facile né, tantomeno, passeggera, ci tiene a precisare il Potus. La missione che attende questa generazione è una  sfida decisiva: una lotta tra la luce e le ombre.

«L’Occidente ora è più forte, più unito di quanto sia mai stato», ha proseguito il presidente Biden davanti una platea piegata dal gelo polacco, ma rincuorata dalle parole del titolare della Casa Bianca. 

«Dobbiamo prepararci per una lunga battaglia. Dobbiamo impegnarci per rimanere uniti oggi e domani, e il giorno dopo, e per gli anni e i decenni a venire. Non sarà facile, ci saranno dei costi, ma è un prezzo che dobbiamo pagare, perché l’oscurità non può competere con la fiamma della libertà che illumina le anime delle persone libere, ovunque esse siano». 

Biden, utilizzando un registro retorico da Guerra Fredda, sta preparando i propri alleati alla sfida del secolo: le reminiscenze del vecchio mondo autocratico contro la persistenza dell’ordine liberale.

«Quello che sta accendo in Ucraina cambierà la storia del XXI secolo, dobbiamo lavorare assieme per garantire che il cambiamento sia a nostro favore, a favore dell’Ucraina, a favore del mondo democratico: il mondo libero si oppone all’invasione della Russia in Ucraina. Dobbiamo unire le democrazie per affrontare gli autocrati» ha precisato Biden, chiamando in causa tutti i leader che, velatamente o meno, stanno appoggiando l’invasione ordinata dal presidente Putin.

Al termine del discorso, probabilmente rapito dal pathos del momento, Biden si è lasciato trasportare dichiarando che Putin è un tiranno e intimandogli che non può restare al potere: «un dittatore che cerca di ricostruire un impero non può cancellare l’amore dei popoli per la libertà, la brutalità non può mai soffocare un mondo che lotta per la libertà. L’Ucraina non si arrenderà mai alla Russia, perché le persone libere si rifiutano di vivere in un mondo abitato dalle tenebre dell’autocrazia e abbiamo bisogno, ci meritiamo, di un futuro migliore, un futuro onesto, un futuro fatto di possibilità. Quindi – ha concluso Biden – quest’uomo non può rimanere al potere».

Queste parole, che prontamente sono state rettificate dallo staff presidenziale, hanno creato non poche reazioni. Prima tra tutte quella del Cremlino: «i nuovi insulti di Biden restringono ulteriormente la finestra di opportunità per ricucire i rapporti tra Russia e Stati Uniti», mentre Peskov, portavoce del presidente Putin, ha voluto precisare che «i leader dovrebbero mantenere la mente fredda, perché gli insulti rendono i rapporti più difficili», ricordando al presidente americano che «è strano sentire accuse contro Putin da Biden, che ha invitato a bombardare la Jugoslavia e uccidere le persone».

Azzardate o meno, le parole del presidente statunitense hanno un peso e la pronta specificazione di Blinken e dello staff della Casa Bianca lo testimoniano perché, nonostante l’astio nei confronti del leader pietroburghese, non esiste oggi in Russia un’alternativa a Putin se non il caos. E il caos non è governabile.