Liguria, due detenuti suicidi in poche ore nelle carceri di Marassi e La Spezia

redazione

Nel I semestre del 2018 abbiamo contato nelle carceri italiane ben 5.157 atti di autolesionismo, 46 morti naturali, 24 suicidi e 585 tentati suicidi sventatiin tempo dagli uomini e dalle donne del Corpo di Polizia Penitenziaria. Solamente in Liguria i suicidi sventati sono stati 13 in soli sei mesi.

Hanno deciso di togliersi la vita uccidendosi nelle rispettive celle in cui erano ristretti, nella Casa Circondariale Marassi di Genova ed in quella di Spezia. I due uomini, l’uno straniero e l’altro italiano, sono morti per impiccamento e per il taglio dell’arteria femorale.
Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, commenta: “Due suicidi di altrettanti detenutio ion poche ore allarmano. Questi nuovi drammatici suicidi evidenziano come i problemi sociali e umani permangono nei penitenziari, lasciando isolato il personale di Polizia Penitenziaria (che purtroppo non ha potuto impedire il grave evento nelle due Case circondariali) a gestire queste situazioni di emergenza. Il suicidio è spesso la causa più comune di morte nelle carceri. Gli istituti penitenziari hanno l’obbligo di preservare la salute e la sicurezza dei detenuti, e l’Italia è certamente all’avanguardia per quanto concerne la normativa finalizzata a prevenire questi gravi eventi critici. Ma il suicidio di un detenuto rappresenta un forte agente stressogeno per il personale di polizia e per gli altri detenuti. Si pensi che a Marassi, dove si è tolto la vita l’uomo senegalese, di notte ci sono solamente due Agenti di Polizia Penitenziaria di servizio per 3/400 detenuti. Per queste ragioni un programma di prevenzione del suicidio e l’organizzazione di un servizio d’intervento efficace sono misure utili non solo per i detenuti ma anche per l’intero istituto dove questi vengono implementati. E’ proprio in questo contesto che viene affrontato il problema della prevenzione del suicidio nel nostro Paese. Ma ciò non impedisce, purtroppo, che vi siano ristretti che scelgano liberamente di togliersi la vita durante la detenzione”.
“Negli ultimi 20 anni le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria hanno sventato, nelle carceri del Paese, più di 19mila 500 tentati suicidi ed impedito che quasi 140mila atti di autolesionismo potessero avere nefaste conseguenze”,sottolinea il Segretario Generale del primo Sindacato del Corpo, Donato CAPECE. “Il dato oggettivo è che la situazione nelle carceri resta allarmante. Nel I semestre del 2018 abbiamo contato nelle carceri italiane ben 5.157 atti di autolesionismo, 46 morti naturali, 24 suicidi e 585 tentati suicidi sventati in tempo dagli uomini e dalle donne del Corpo di Polizia Penitenziaria. Solamente in Liguria, dove sono oggi detenute 1.145 persone rispetto ai circa mille posti letto regolamentari. i suicidi sventati sono stati 13 in soli sei mesi”.
Netta è la denuncia del SAPPE sulle cricità nelle carceri del Paese: “Da tempo il SAPPE denuncia, inascoltato, che la sicurezza interna delle carceri è stata annientata da provvedimenti scellerati come la vigilanza dinamica e il regime aperto, l’aver tolto le sentinelle della Polizia Penitenziaria di sorveglianza dalle mura di cinta delle carceri, la mancanza di personale – visto che le nuove assunzioni non compensano il personale che va in pensione e che è dispensato dal servizio per infermità -, il mancato finanziamento per i servizi anti intrusione e anti scavalcamento, o le scelte sciagurate dell’ex Ministro Orlando di chiudere carceri, come quello di Savona, e uffici del Provveditorato regionale dell’Amministrazione regionale. Non si può promettere più sicurezza e poi chiudere presidi di legalità come le carceri. Altro che trattamento rieducativo: chiudere un carcere vuol dire interrompere ogni attività finalizzata alla rieducazione del reo. Che senso ha., ad esempio, chiudere un carcere senza prima averne una nuovo, operativo, sul territorio savonese?”.
“Lasciare le celle aperte più di 8 ore al giorno senza far fare nulla ai detenuti – ne lavorare, ne studiare, ne essere impegnati in una qualsiasi attività – è controproducente perché lascia i detenuti nell’apatia: non riconoscerlo vuol dire essere demagoghi ed ipocriti”,”, prosegue Capece. “La realtà è che sono state smantellate le politiche di sicurezza delle carceri preferendo una vigilanza dinamica e il regime penitenziario aperto, con detenuti fuori dalle celle per almeno 8 ore al giorno con controlli sporadici e occasionali, con detenuti di 25 anni che incomprensibilmente continuano a stare ristretti in carceri minorili. Mancano Agenti di Polizia Penitenziaria e se non accadono più tragedie più tragedie di quel che già avvengono è solamente grazie agli eroici poliziotti penitenziari, a cui va il nostro ringraziamento. Auspico allora che il nuovo Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ed il nuovo Capo dell’Amministrazione Penitenziaria Francesco Basentini si attiviono concretamente per dare un netto cambio di passo sulle politiche penitenziarie del Paese. Nelle carceri c’è ancora tanto da fare: ma senza abbassare l’asticella della sicurezza e della vigilanza, senza le quali ogni attività trattamentale è fine a se stessa e, dunque, non organica a realizzare un percorso di vera rieducazione del reo”.