Durante l’audizione di ieri alla commissione Affari costituzionali della Camera, il capo della Polizia Antonio Manganelli ha lanciato l’allarme di possibili attentati di matrice islamica. “L’attivismo delle cellule salafite mette a rischio anche l’Italia e preoccupa perché il nostro Paese è oggetto di invettive – ha spiegato il prefetto – . La novità è il particolare attivismo di queste cellule terroristiche collegate in qualche modo ad Al Qaeda. Negli ultimi tempi questa offensiva ha comportato un deterioramento palese della sicurezza nella regione nordafricana e temiamo che i nostri vicini di casa possano riservare attenzione anche all’Italia”. Riproponendo l’analisi di un ideologo nordafricano, Manganelli ritiene che il pericolo terrorismo sia “riconducibile a un sistema e non a una vera e propria organizzazione strutturata come Cosa Nostra, con filiali ufficiali nei vari paese. Un sistema operativo non meno pericoloso, una sorta di franchising; la presenza del marchio di Al Qaeda non significa necessariamente che ogni azione o tentativo sia preventivamente benedetta dal vertice di un’organizzazione che riteniamo non esista come vera struttura di vertice operativo”. Opererebbe invece proprio un sistema che si va organizzando come nel Maghreb. Sul fronte del terrorismo interno, poi, Manganelli ha detto di “non saper dire se le Brigate Rosse siano state completamente sconfitte, di certo sono state disarticolate…guai però a considerare chiuso il capitolo”. Durante l’audizione alla Camera, il prefetto ha sottolineato la necessità di nuovi fondi per le forze di polizia: “Il 50% delle auto con le insegne della polizia di Stato sono spremute, hanno cioè più di sette anni di vita; non si riescono a pagare gli affitti dei vari uffici. I nuovi fondi (i 35 milioni assicurati dai Comuni nell’ambito dei Patti per la sicurezza, i 42 a disposizione del dipartimento o gli 80 da dividere tra noi, Carabinieri e Guardia di finanza) sono boccate d’ossigeno che però non permettono di ripianare il debito”.
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