Ottavo meeting del Joint Parliamentary Scrutiny Group on Europol (JPSG)

redazione

Le forze di polizia italiana hanno partecipato oggi, attraverso il Vice Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, Prefetto Vittorio Rizzi, all’ottavo meeting del Joint Parliamentary Scrutiny Group on Europol (JPSG), Organismo costituito da Parlamentari europei e Parlamentari dei Paesi membri dell’UE, chiamato a supervisionare l’operato dell’Agenzia Europol.

La sessione di lavori a cui il Prefetto Rizzi ha partecipato è stata quella dedicata all’impatto del Covid 19 sulla sicurezza, per l’esistenza in Italia di un Organismo di monitoraggio e analisi dedicato ai pericoli di infiltrazione delle mafie nell’economia legale, voluto dal Ministro dell’Interno e dal Capo della Polizia immediatamente dopo lo scoppio della pandemia. Una cabina di regia che, grazie all’adesione convinta di Europol all’invito italiano, è diventata anche un tavolo di lavoro internazionale esteso a 9 Paesi europei e ad Interpol.

Dopo la panoramica del Direttore esecutivo di Europol, Catherine De Bolle, sulle attività dell’Agenzia in tempo di pandemia, che ha prodotto 31 report strategici sugli scenari criminali dell’ultimo anno, il Prefetto Rizzi si è soffermato sulla risposta delle forze di polizia italiane, con il rapido adattamento dei modelli organizzativi e l’attenzione sui nuovi fenomeni criminali.

A fronte di una riduzione generalizzata dei reati (eccezion fatta del cyber crime) durante la pandemia, le forze di polizia non hanno abbassato la guardia: citando la poetessa statunitense Amanda Gorman è stato, infatti, sottolineato che non sempre la quiete significa pace e tranquillità.

Si profilano nuove minacce criminali che si nascondono spesso dietro a sofisticate operazioni finanziarie, che utilizzano strumenti leciti ma che hanno l’obiettivo di strozzare l’economia e riciclare le enormi risorse provenienti da attività criminali.

I Parlamentari europei e nazionali hanno apprezzato l’approccio internazionale dell’azione delle forze di polizia, nella comune convinzione che la minaccia vada combattuta attraverso lo scambio di informazioni e l’investimento tecnologico: solo l’innovazione può, infatti, consentire di processare i cosiddetti big data per arrivare a modelli predittivi che consentano di arrivare prima che i pericoli criminali potenziali diventino reali.