Palermo: Operazione "Maqueda"

redazione

La Polizia di Stato di Palermo con l’operazione “Maqueda”  ha eseguito 10 fermi disposti nei confronti di altrettanti soggetti accusati di far parte, a vario titolo, di un gruppo che teneva sotto controllo una parte del quartiere Ballarò e responsabile di decine di reati aggravati dal metodo mafioso e dalla discriminazione razziale, vicini alle famiglie mafiose di “Palermo Centro”.

Le indagini della Squadra Mobile hanno  permesso di sgominare un pericoloso gruppo armato (come dimostrano anche i recenti fatti di cronaca) che per lungo tempo si è imposto sul territorio del centro storico di Palermo, terrorizzando i commercianti stranieri. I reati contestati sono tentato omicidio, estorsione, incendio, rapina, violenza privata e lesioni personali, tutti perpetrati ai danni di commercianti extracomunitari prevalentemente del Bangladesh.

L’attività svolta degli investigatori svela uno spaccato della realtà criminale del centro cittadino molto cruento, fatto di violenza e paura. Le attività illecite del gruppo criminale andavano avanti da almeno quattro anni, ma i cittadini stranieri non avevano mai trovato il coraggio di raccontare i soprusi patiti.

Gli stessi subivano continuamente rapine e violenze private. Una delle regole principali imposte dal sodalizio era “se vuoi aprire il negozio senza avere problemi devi pagare”. Poi, una volta avviata l’attività, i commercianti erano obbligati a versare l’obolo con una cadenza settimanale.

Il gruppo criminale controllava pienamente la zona e fondava il proprio potere sul timore che incutevano all’intera comunità di stranieri. Chi non li rispettava rischiava pesanti ritorsioni, che andavano dalle minacce (in cui ostentavano, tra l’altro, la disponibilità di numerose armi) a veri e propri pestaggi.

Le indagini della Squadra Mobile hanno avuto un decisivo impulso dopo l’esecuzione di un fermo per il tentato omicidio di SUSSO Yusupha. Tale evento ha provocato una reazione a catena tra i commercianti. Gli stessi, convocati presso gli uffici della Squadra Mobile, dopo i primi tentennamenti dovuti alla paura e al terrore, facendosi forza l’un l’altro, hanno rotto il muro di omertà che andava avanti da anni e hanno deciso di raccontare la loro “odissea”. In poco tempo si sono susseguite numerose denunce che hanno messo in luce decine di reati subiti dai cittadini stranieri. Tutti episodi, questi, che di fatto gli rendevano impossibile non solo svolgere liberamente la loro professione ma, anche, vivere serenamente la loro vita privata, dato che le minacce erano spesso rivolte anche ai familiari.

Dai racconti delle vittime emerge chiaramente la paura, addirittura per evitare di incontrare gli appartenenti al gruppo o semplicemente di incrociare il loro sguardo, cambiavano strada, percorso o anche le proprie abitudini di vita.