Parla Cingolani. Il piano per svincolarsi dalla dipendenza energetica da Mosca

Lorenzo Della Corte

«Se tutto va bene, entro due o tre anni, saremo completamente indipendenti dalla Russia». Queste le parole del ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani che, intervistato da Daniele Manca per Il Corriere della Sera, ha delineato i prossimi passi che il governo italiano intende fare non solo per contenere le conseguenze del conflitto in Ucraina, ma anche per definire un nuovo percorso di approvvigionamento energetico per il Paese.

In risposta all’invasione in terra ucraina ordinata dal presidente Putin, Palazzo Chigi ha elaborato un “Piano di emergenza del sistema italiano del gas naturale che prevede tre gradi di allarme”. Dal 26 febbraio, infatti, l’Italia è in una fase di “preallarme”, se la situazione dovesse peggiorare si passerebbe in una condizione di “allarme”, ovvero in una situazione in cui potrebbero verificarsi interruzioni della fornitura di gas, e in extrema ratio, nella malaugurata ipotesi in cui la crisi ucraina dovesse precipitare, è stata ipotizzata una definitiva fase di “emergenza”, qualora il mercato del gas dovesse crollare.

La decisione del Cremlino di accettare unicamente pagamenti in rubli per la fornitura di gas ha posto le condizioni per cui, qualora non si dovesse riuscire a trovare un accordo con il governo russo, si potrebbe dover passare alla fase due del Piano.

A tal proposito il ministro Cingolani ha sottolineato come in questo momento l’Italia sia in una condizione di preallarme da più di un mese e, proprio per questo, si è attivato per trovare ogni possibile soluzione in base alle eventualità che una situazione così delicata potrebbe comportare.

«A differenza di altri paesi – ha dichiarato Cingolani – noi siamo in preallerta da un mese. Monitoriamo giorno per giorno l’andamento delle forniture di gas. E al momento il gas continua ad arrivare regolarmente, persino superiore ad un anno fa».

Questo momento di crisi non deve essere motivo di sbandamento, secondo il ministro della Transizione ecologica, bensì deve essere la molla che permetterà di correggere gli errori passati; primo tra tutti la dipendenza energetica dalla Russia. La nuova stella polare dell’approvvigionamento energetico italiano dovrà fondarsi sulla diversificazione. 

La volontà di Cingolani è quella di allentare la dipendenza energetica dalla Russia, che oggi fornisce il 40% del nostro fabbisogno, attraverso una diversificazione di canali di rifornimento che dovrà passare da accordi sottoscritti con l’Algeria, l’Azerbaijan o altri paesi esportatori di gas, dall’acquisto di impianti di rigassificazione – già ordinati dalla SNAM – o dall’implementazione dei rigassificatori di La Spezia, Livorno e Rovigo, nonché dall’aumento del prelievo di gas dai giacimenti italiani, fino ad un incremento degli investimenti sull’energia rinnovabile che non dovrà essere intesa solamente come un canale di rifornimento, ma dovrà tener conto anche di nuovi criteri di accumulo.

«Sugli investimenti in circolarità siamo molto avanti. Il biodiesel, l’idrogeno, il ciclo dei rifiuti, l’agro-fotovoltaico, le comunità energetiche e gli investimenti sulla rete elettrica smart sono tutti tasselli di un quadro generale che deve portarci alla riduzione della CO2 del 55% entro il 2030. Oggi abbiamo il problema del gas – ha ribadito il ministro – ma da qui ai prossimi 10 anni dovremo gestire il phase out del gas e creare le infrastrutture necessarie affinché le rinnovabili siano davvero efficaci, a cominciare dagli accumuli perché non sempre c’è il sole o il vento».

La mossa di giovedì scorso del presidente Putin ha destabilizzato l’Unione Europea, creando qualche crepa nella comunità di intenti che fino ad ora ha guidato la risposta comunitaria all’invasione russa. La Commissione ha chiesto ai governi degli stati membri coesione e unità, i giorni ci diranno se Putin è riuscito a fare scacco matto oppure se le cancellerie del Vecchio continente sapranno far valere le ragioni dei contratti contro il diktat di Mosca.