Protagonista sui social la truffa su WhatsApp

Samanta Sarti

Hanno superato le 11.000 azioni di engagement (fonte dati: Data Web, Gruppo Data Stampa), effettuate dagli internauti italiani, le notizie di approfondimento sull’ennesimo tentativo di frode che sfrutta il social WhatApp. Specchietto per allodole i coupon-buoni acquisto, che vanno da 50 a 150 euro, associati a marchi noti: Zara e Amazon. Nel primo caso, il messaggio annuncia la vincita di un buono spesa di 150 Euro (o importi superiori) valido nella catena di negozi di abbigliamento Zara. Il presunto “fortunato” è invitato a cliccare su un link che conferma l’avvenuta vincita e permetta di  ritirare premio. Il link, purtroppo, rinvia a siti che contengono malware o questionari che chiedono dati personali. La truffa sta diffondendosi in tutti i Paesi del mondo in cui è presente il brand spagnolo e, per arginare celermente i danni, le autorità competenti contano sul tam tam mediatico: i responsabili marketing di Zara confermano che tutte queste offerte sono fasulle. La Polizia Postale ha diramato un avviso per allertare gli utenti. Nel caso di Amazon, un messaggio da numero sconosciuto (non presente in rubrica), propone la ”svendita” di iPhone 6S per problemi di imballaggio non specificati. Cliccando sullo shortlink, si approda ad un sito ”clone” dove vengono richiesti dati sensibili.

La seconda notizia molto ripresa, con oltre 4.500 azioni di engagement, ha come protagonista il famosissimo servizio di musica in streaming Spotify (ha raggiunto il traguardo di 30 milioni di utenti paganti): gli hacker hanno violato centinaia di account diffondendo in Rete i dati degli utenti. La Compagnia nega risolutamente di aver subito attacchi informatici, ma il sito TechCrunch, in data 25 Aprile, scrive che centinaia di credenziali – che comprendono e-mail, nomi utente, password, Paese di provenienza (tutto il mondo) e altri dettagli – sono comparse sul sito Pastebin. Spotify  ha ribadito che i dati degli utenti sono al sicuro. «Monitoriamo Pastebin e altri siti regolarmente. Quando notiamo credenziali di Spotify, prima verifichiamo la loro autenticità, poi nel caso avvisiamo immediatamente gli utenti interessati consigliando di cambiare la password».

Ultima, non certo per importanza, con oltre 4.000 azioni, una tematica delicatissima: la pedopornografia online. Tematica che rischierebbe di cadere nel dimenticatoio rispetto ad altre tendenze se non venissero periodicamente pubblicati i dati aggiornati di traffico online, grazie al lavoro di abili agenti di Polizia che danno la caccia ai cyber-pedofili. Nei giorni scorsi è stato il poliziotto trentaseienne Stefano (nome di fantasia scelto da La Stampa, che ha pubblicato il servizio), a raccontare storie agghiaccianti. “Chi vive nel mondo reale non può percepire cos’è la pedopornografia. Ed è meglio così” – dice Stefano, che cerca, inoltre, di porre all’attenzione di adolescenti e genitori gli errori più ricorrenti compiuti dagli utenti sui social; e le micidiali trappole tese dagli “orchi” ai danni delle giovani vittime. Le forze di Polizia lavorano senza sosta per sgominare i criminali, ma è fondamentale insistere sulla corretta informazione affinché si crei una maggiore consapevolezza del rischio e delle terribili conseguenze.