Rebibbia, follia nell’asilo nido del carcere. Sospesi dal servizio Direttore, vice Direttore e vice Comandante del Reparto di Polizia Penitenziaria

redazione

“La decisione presa dal Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e dai vertici del Dipartimento di sospendere dal servizio nel carcere di Rebibbia a Roma direttore, vice direttore e comandante di Reparto della Polizia Penitenziaria è assurda e irragionevole. La scelta ministeriale di dimostrarsi forte con i deboli è davvero senza alcuna logica. Piuttosto, ci si dovrebbe chiedere perché a Roma non c’è un Istituto a Custodia attenuata per Mamme detenute con figli come invece esiste in altre parti d’Italia. I bambini in carcere non devono stare, mai! E allora bisogna dare le colpe a chi le ha: a chi non ha realizzato una analoga struttura nella Capitale d’Italia – ossia Ministero della Giustizia e Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – e non invece a chi dirige e gestisce con mille difficoltà quotidiane ma con sacrifici continui e professionalità un carcere complicato come quello di Rebibbia. E allora il Ministro della Giustizia Bonafede ed il Capo dell’Amministrazione Penitenziaria Basentino si devono dimettere dai rispettivi incarichi!”. Lo dichiara Donato Capece, segretario generale del SAPPE (Sindacato Autonomo di Polizia Penitenziaria).
“L’ho detto ieri e lo ripeto: quel che è avvenuto ieri a Rebibbia è stato un evento improvviso, senza avvisaglie, drammatico e tragico. Ma colpire chi gestisce e chi guida il carcere mi sembra davvero assurdo. Il ministro Bonafede, che ha in capo la responsabilità di guida politica del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, faccia mea culpa: perché è il Dicastero che lui guida che deve fare in modo che i bimbi delle donne detenute in carcere non entrino ma stiano in strutture ad hoc come gli Icam. Bonafede si dimetta insieme a Basentini, Capo DAP! Per chiedere più attenzione e rispetto verso le problematiche del carcere e gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria il SAPPE manifesterà nei prossimi giorni davanti alle principali carceri italiane ed al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria di Roma”.