Roma: Rebibbia, l’allarme della recinzione era fuori uso

Francesco Giugni

 

Il pm Silvia Sereni della Procura di Roma ha aperto un nuovo fascicolo anche per “corruzione” a seguito dell’evasione di due detenuti romeni dal carcere romano di Rebibbia.

Il 14 febbraio scorso gli uomini – accusati rispettivamente di sequestro di persona e morte come conseguenza del reato e di rapina e ricettazione – sono evasi dal braccio G11 di Rebibbia. Ricercati in tutta Italia sia dai carabinieri che da tutte le forze di polizia, erano stati invitati dai propri legali a costituirsi per non peggiorare la loro situazione.

I sospetti del magistrato sono scaturiti dal fatto che , proprio in quel giorno, l’allarme antiscavalcamento  non fosse in funzione e che nessuno si fosse accorto di un lungo lavoro necessario per segare le sbarre del magazzino dal quale i due si erano calati usando le “classiche lenzuola annodate”.

Oltre a cercare le ragioni del guasto del sistema d’allarme – reso noto da mesi dal Sindacato autonomo polizia penitenziaria coordinato dal segretario Donato Capece –gli investigatori stanno accertando chi può aver comunicato ai due detenuti del malfunzionamento dell’impianto.

La procura suppone che i due abbiano ricevuto informazioni su come muoversi dall’interno del penitenziario, pagando probabilmente qualche guardia carceraria per fuggire facilmente  al momento dell’evasione.

Voci interne al carcere sosterrebbero che altri quattro detenuti avrebbero voluto aggiungersi alla fuga e che abbiano rinunciato solo all’ultimo momento per paura. Due di loro sono anche indagati per favoreggiamento: uno per aver fornito il seghetto servito per tagliare le sbarre(in quanto effettuava alcuni lavoretti all’interno del carcere), l’altro per aver fatto sparire le lenzuola dopo che i due si erano calati giù.

La latitanza di Catalin Ciobanu e Mihai Florin Diaconescu era durata, comunque, solo pochi giorni, essendosi il primo costituito ai carabinieri di Tivoli e l’altro fermato, sempre dai carabinieri, mentre tentava di fuggire a bordo di un furgone.

Dopo l’arresto i due sono stati interrogati e ognuno ha addossato la colpa esclusiva all’altro, sia dell’organizzazione sia della messa in atto della fuga. Entrambi però hanno escluso di essere stati aiutati da qualcuno all’interno del carcere.