Saint Vincent: la GdF denuncia 6 usurai

Ivano Maccani

L’indagine aveva preso le mosse da una denuncia che un imprenditore, finito tra le grinfie degli usurai indagati, aveva presentato alla Guardia di Finanza di Torino.

Sono cosi iniziate nei confronti di 6 soggetti, accusati di praticare prestiti ad usura nei confronti di imprenditori torinesi e di clienti del Casinò di Saint Vincent, una lunga serie di indagini che si sono poi concluse con provvedimenti cautelari coercitivi e patrimoniali emessi dal G.I.P. del Tribunale del capoluogo piemontese.

Sulla base di quanto ricostruito dalle Fiamme Gialle, che si sono avvalse anche di intercettazioni telefoniche, gli strozzini preferivano parlare di “commissioni” piuttosto che di interessi, con pagamenti che avvenivano in contanti per non lasciare alcuna traccia dei tassi da usura praticati e con un senz’altro consistente giro d’affari che si aggira sui 5.000.000 di euro.

Nel solo periodo oggetto delle indagini (dal 2009 al 2011) i finanzieri sono riusciti a identificare 41 vittime, eseguendo al contempo accertamenti finanziari su oltre 150 conti correnti e sequestrando un’ingente mole di assegni rinvenuti presso le abitazioni degli indagati.

Il modus operandi adottato dai 6 strozzini aveva sempre lo stesso cliché, con la loro presenza nelle adiacenze del Casinò di Saint Vincent e consegna di denaro contante in cambio di un assegno con un importo maggiorato del 20% mensile.

Al termine della serata, se il giocatore era stato fortunato, restituiva i soldi riottenendo l’effetto dato a garanzia ma se perdeva (come accade nella stragrande maggioranza dei casi), l’assegno veniva posto all’incasso a distanza di settimane o mesi con versamenti operati su conti correnti di soggetti terzi ma del tutto ignari della loro provenienza illecita.

Da notare che i “cambisti” operavano alla luce del sole fidando su una sentenza della Corte di Cassazione che, nel febbraio del 2010, si era espressa assolvendo dal reato di usura gli imputati di un analogo procedimento penale. Il compenso pattuito tra le parti, in quel caso, era stato qualificato come una sorta di “commissione” configurandosi così la sola condotta di abusivismo finanziario.

La meticolosa analisi dei flussi bancari effettuata dai militari della Guardia di Finanza, però, ha dimostrato quanto fosse radicata nel tempo l’attività usuraia degli indagati facendo peraltro emergere, in svariati casi, un vero e proprio rapporto di fidelizzazione degli usurati.

Il tenore delle telefonate intercettate, infatti, ha confermato l’innata la capacità degli strozzini nell’intrattenere rapporti duraturi nel tempo con i loro “clienti”, pur senza ricorrere a intimidazioni per recuperare i crediti ma contando semplicemente sullo stato di bisogno delle vittime.

Al termine delle operazioni sono stati eseguiti sequestri di beni per un valore complessivo di 3 milioni di euro, tra i quali rientrano una villa ad Aosta, 3 appartamenti e 6 autorimesse a Torino, Cuneo e Vercelli, 2 auto di grossa cilindrata, 20 rapporti finanziari nonché della società nei cui locali avvenivano i cambi/assegni.