Sappe: "Ruolo fondamentale cooperative sociali nei penitenziari"

redazione

“Mi sembra importante evidenziare l’importante ruolo che hanno le Cooperative sociali in carcere. Le ombre emerse in alcune recenti inchieste giudiziarie non possono inficiare il fondamentale e quotidiano contributo svolto per rendere la pena in carcere più umana, soprattutto attraverso il lavoro dei detenuti. E i detenuti che lavorano vuol dire meno tensione, a tutto vantaggio anche dell’importante lavoro giornaliero della Polizia Penitenziaria”.

Lo dichiara Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, il primo e più rappresentativo dei Baschi Azzurri

“Da tempo diciamo più misure alternative, con impiego in lavori di pubblica utilità, per i detenuti meno pericolosi e più lavoro in carcere. Il detenuto che in carcere ozia non si rieduca, ma esce anzi ancora più incattivito di quando vi è entrato. Nonostante le statistiche dicano che il condannato che espia la pena in carcere ha un tasso di recidiva del 68,4% contro il 19% di chi ha fruito misure alternative e addirittura l’1% di chi è inserito nel circuito produttivo. E moltissimi sono i detenuti che lavorano in carcere grazie alle Cooperative sociali, che non sono tutte da demonizzare. Se i detenuti lavorano, insomma, non stanno nell’ozio e in cella a far nulla, cala la tensione nei penitenziari”, aggiunge.

“Noi che rappresentiamo le donne e gli uomini del Corpo di Polizia Penitenziaria impegnati 24 ore al giorno nella prima linea dei padiglioni e delle sezioni detentive delle oltre 200 carceri italiane siamo assolutamente d’accordo con i contenuti del noto messaggio che il Signor Presidente della Repubblica ha inviato al Parlamento  affinchè si avvii nel nostro amato Paese una indispensabile e decisa inversione di tendenza sui modelli che caratterizzano la detenzione, modificando radicalmente le condizioni di vita dei ristretti e offrendo loro reali opportunità di recupero”, sottolinea. “Ma anche garantendo ai poliziotti penitenziari più sicure e meno stressanti condizioni di lavoro, tenuto conto che le tensioni connesse al sovraffollamento determinano quotidianamente moltissimi eventi critici nelle carceri – atti di autolesionismo, tentati suicidi, risse, colluttazioni – che se non fosse per il nostro decisivo e risolutivo intervento avrebbero più gravi conseguenze. Negli ultimi vent’anni anni, dal 1992 al 2013, le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria hanno salvato in Italia la vita ad oltre 18mila detenuti che hanno tentato il suicidio ed ai quasi 118mila che hanno posto in essere atti di autolesionismo, molti deturpandosi anche violentemente il proprio corpo”.