In occasione della Giornata nazionale dello smart working, l’Osservatorio della Fondazione per la Sostenibilità Digitale – la prima Fondazione di ricerca riconosciuta in Italia dedicata ad approfondire i temi della sostenibilità digitale, presenta oggi i risultati della ricerca “Smart Working: la sfida del digitale”.
“Flessibilità, autonomia, responsabilizzazione, orientamento ai risultati è la filosofia che sottende allo smart working. Una vera rivoluzione culturale che scardina consuetudini ed approcci tradizionali fornendo ai lavoratori flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare, a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati.” – ha affermato Stefano Epifani, Presidente della Fondazione per la Sostenibilità Digitale. “In questo nuovo contesto, la tecnologia gioca un ruolo estremamente importante. Smart Working e Digital Transformation si abilitano infatti vicendevolmente poiché se da una parte lo Smart Working ha bisogno delle tecnologie per concretizzarsi, dall’altra è esso stesso un’importante leva verso la rivoluzione di senso che porta con se’ la tecnologia digitale. E tuttavia, la tecnologia e lo smart workig non devono diventare strumenti di potenziale ghettizzazione, ma risorse per il lavoratore e per l’azienda” – ha continuato Epifani.
I dati della ricerca
Come lo smart working impatta su società, ambiente e persone:
La rilevazione mette in evidenza come in generale siano i cittadini che abitano nei grandi centri ad essere più convinti dei benefici dello Smart Working. Si tratta di cittadini che fanno maggior uso dei servizi digitali e che sono anche più attenti ai temi della sostenibilità. Il report evidenzia inoltre come il lavoro del futuro, per gli intervistati, dovrà essere un mix tra lavoro a distanza e lavoro in presenza. Lo dichiara il 79% degli abitanti residenti nelle grandi città e il 70% di quelli residenti nei piccoli centri sotto i 3000 abitanti.
- AMBIENTE: il lavoro a distanza, riducendo gli spostamenti, rappresenta un vantaggio per l’ambiente. È ciò che pensa il 76% degli intervistati residenti nei piccoli centri e l’81% di coloro che risiedono nei grandi centri. Sono maggiormente convinti di ciò coloro che si dichiarano più digitalizzati e attenti alla sostenibilità.
- WORK-LIFE BALANCE: il lavoro a distanza migliora l’equilibrio tra tempo di vita e tempo di lavoro (work-life balance). Vi è una maggiore percezione positiva del lavoro a distanza per migliorare l’equilibrio tra vita e lavoro, specialmente tra i più digitalizzati e attenti alla sostenibilità. Nei piccoli centri il 74% degli intervistati si dichiara d’accordo con questa affermazione, poco meno rispetto a coloro che abitano nei grandi centri, che si dichiarano d’accordo per il 79%.
- PARITA’ DI GENERE: il lavoro a distanza favorisce la parità di genere è ciò che dichiara il 21% di coloro che abitano nei grandi centri, percentuale che scende al 13% nei i piccoli centri. Le ragioni di tale disparità potrebbero risiedere nel fatto che le maggiori opportunità di carriera e le dinamiche di potere più radicate nei grandi centri, rendono il lavoro a distanza uno strumento più efficace per ridurre gli svantaggi, troppo spesso riscontrati dalle donne in ambito lavorativo.
- BENEFICI PER LE DONNE: i dati raccolti evidenziano una tendenza più favorevole al lavoro a distanza per le donne che risiedono nei grandi centri urbani, mentre nei piccoli centri sembra emergere una percezione più negativa, probabilmente legata a una minore disponibilità di servizi e risorse a supporto della conciliazione tra lavoro e vita familiare. La percentuale più elevata si registra nei grandi centri, dove il 74% dei rispondenti si dichiara d’accordo su questo aspetto. Percentuale che scende al 69% nei piccoli centri. Per quanto riguarda la percezione del lavoro a distanza come svantaggioso per le donne, emerge un quadro diverso: nei piccoli centri, infatti, il 41% degli intervistati ritiene che questo sia “poco/per nulla” svantaggioso, mentre questa quota sale al 49% nei grandi centri.
- PRODUTTIVITA’ DEL LAVORO: sia nei piccoli (75%) che nei grandi centri (74%) c’è una significativa accettazione del lavoro a distanza come strumento per migliorare la produttività del lavoro, specialmente tra i più digitalizzati. Questi risultati suggeriscono che l’accettazione del lavoro a distanza sia più pronunciata tra coloro con maggiore consapevolezza e competenza digitale, mentre coloro che non sono orientati né alla sostenibilità né al digitale, tendono ad essere più scettici.
- ISOLAMENTO SOCIALE E AZIENDALE: la percezione dell’isolamento varia a seconda della competenza digitale e dell’orientamento alla sostenibilità delle persone. Il lavoro a distanza diminuisce le possibilità di interazione con i colleghi, generando un senso di isolamento. La pensano così il 55% dei lavoratori che risiedono nei piccoli centri e il 47% di quelli che abitano nelle grandi città. Questo indica una maggiore percezione di isolamento e riduzione delle interazioni interpersonali nel contesto dei piccoli centri, probabilmente dovuta a una minore disponibilità di alternative e opportunità sociali offerte dal contesto locale.
Analisi degli strumenti digitali più utilizzati a supporto dello smart working:
La ricerca ha poi analizzato gli strumenti digitali che abilitano lo smart working e che richiedono lo sviluppo di nuove competenze digitali:
Piattaforme per videoconferenze (es. Zoom, Microsoft Teams, Google Meet): Analizzando i dati relativi al livello di conoscenza e/o adozione delle piattaforme per videoconferenze come Zoom, Microsoft Teams e Google Meet, risulta evidente che nei grandi centri vi sia una maggiore adozione regolare di queste piattaforme, con il 31% degli intervistati che utilizza regolarmente questi servizi, percentuale che scende al 10% nei piccoli centri. Emerge, dalla ricerca, la presenza di un vero e proprio un gap tecnologico tra aree urbane e piccoli centri poiché nei piccoli centri una percentuale significativa, il 32%, non conosce affatto queste piattaforme, mentre nei grandi agglomerati urbani la percentuale di cittadini che non conosce queste tecnologie è solamente del 14%.
Strumenti di collaborazione che facilitano l’organizzazione delle attività per i team di lavoro (es. Asana, Trello, Office365): nonostante le differenze tra i grandi e i piccoli centri esiste una disparità significativa nell’adozione degli strumenti di collaborazione anche all’interno di ciascun contesto, in base ai diversi comportamenti e orientamenti delle persone verso la sostenibilità e il digitale. Nei grandi centri, il 31% delle persone dichiara di non conoscere gli strumenti di collaborazione, mentre nei piccoli centri questa percentuale sale al 45%, indicando una maggiore mancanza di familiarità nei piccoli centri. Tuttavia, nei grandi centri, c’è una maggiore adozione regolare (19%) rispetto a quella dei piccoli centri (6%), suggerendo una differenza nell’accesso e nell’utilizzo delle tecnologie di collaborazione tra questi due contesti.
Siti o app che consentono di organizzare l’accesso agli uffici e gli spazi aziendali (es. Place 4 You): Partendo dall’analisi per ampiezza dei centri, notiamo che la percentuale di persone che non conosce queste soluzioni è del 43% nei grandi centri e del 49% nei piccoli, indicando una mancanza di consapevolezza diffusa su queste piattaforme. Tuttavia, nel contesto urbano, c’è una maggiore adozione regolare (7%) rispetto a quella nelle zone rurali (3%), suggerendo una maggiore integrazione di queste soluzioni nelle dinamiche lavorative urbane.
Piattaforme per l’archiviazione e la condivisione di documenti (es. Google Drive, Dropbox): i dati mostrano come vi sia una maggiore familiarità e adozione delle tecnologie di archiviazione digitale nei grandi centri rispetto ai piccoli centri, suggerendo che le aree urbane hanno un accesso e un utilizzo più consolidato di tali strumenti. Nei grandi centri, infatti, solo il 15% degli intervistati non conosce queste piattaforme, mentre il 34% le utilizza regolarmente e il 21% le utilizza raramente. Nei piccoli centri, invece, la percentuale di coloro che non conoscono questi servizi sale al 36%, mentre solo l’11% li utilizza regolarmente e il 18% solo raramente.