Cenone natalizio a rischio per gli abitanti della Capitale. In pochi giorni ha generato un buzz mediatico molto elevato (circa 48.000 azioni di engagement) la notizia della chiusura di un deposito all’ingrosso, nel quartiere Centocelle, da parte dei Carabinieri del Comando Politiche Agricole e Alimentari. Sequestrati sei tonnellate di cibi in pessimo stato di conservazione e surgelati scaduti da anni: aragoste, granchi, gamberi, vari tipi di pesce, carni bianche e rosse destinati ai ristoranti e al mercato romani in occasione delle festività imminenti.
Importante eco mediatica (oltre 27.000 di viralità) per l’ennesima maxi frode toccata ad uno dei prodotti italiani d’eccellenza: l’olio. Dopo Umbria e Toscana, una decina di aziende pugliesi, e un laboratorio di certificazione, risultano coinvolte nel losco giro d’affari milionario: tonnellate di olio proveniente da Tunisia, Siria, Turchia e Marocco, spacciato come “cento per cento italiano”. L’inchiesta della Dda di Bari, condotta dagli investigatori del Nucleo Agroalimentare e Forestale dello Stato in collaborazione con l’Istituto di Bioscienze e Biorisorse di Perugia, s’è conclusa con l’analisi molecolare dell’olio incriminato. In Italia, sono circa 500 le varietà di olio mappate geneticamente; la capacità da parte della Autorità preposte di confrontare il Dna dell’olio autoctono con quello proveniente da olii di altri Paesi, dovrebbe servire da deterrente per le sofisticazioni alimentari.
Allarme Aviaria in un piccolo allevamento di polli in Francia. La notizia, tra gli utenti italiani, ha generato circa 16.000 azioni di engagement. Nonostante le Autorità abbiano ribadito che il virus, seppure altamente patogeno, non sia trasmissibile all’uomo attraverso il consumo di uova, carne, foie gras, ben otto Paesi, tra cui Giappone e Marocco, hanno sospeso le importazioni di pollame francese.
L’ultima notizia in classifica, per viralità (7.300 circa), riguarda la cattura, effettuata dai Carabinieri di Legnano, in provincia di Verona, della abilissima “Banda del cioccolato”. Più di un anno di indagini per risalire agli autori dei furti di cioccolatini e praline, negli spacci di note aziende dolciarie del nord Italia, poi rivenduti, accompagnati da documenti fittizi, a catene di supermercati e commercianti. Un giro d’affari di decine di milioni di euro che stava espandendosi al settore caseario, dato che tra la merce rubata sono state rinvenute anche 500 forme di formaggio Grana.