“Chi racconta una storia governa il mondo”, è una massima dalle origini incerte, ma dagli effetti concreti. Questo è quanto ritiene lo scrittore Jonathan Gottschall che, all’interno del suo volume “Il lato oscuro delle storie”, ha illustrato accuratamente le opportunità che la divulgazione di una storia può aprire.
Le storie, infatti, hanno sempre permesso di comprendere il mondo, rappresentarlo e, alle volte, dominarlo. Nel corso dei secoli il potere derivante dalla narrazione ha ampliato le proprie possibilità, divenendo uno dei principali strumenti di marketing.
Oggigiorno, difatti, senza comunicazione un’azienda non esiste, si perde nel coacervo indistinto del mercato e rischia l’oblio per sé e per i propri prodotti. Questo perché non basta più produrre beni di qualità, ora l’importante è saper costruire un messaggio al di là del bene, è necessario stabilire una relazione emotiva tra produttore e consumatore.
In questa ottica, i maggiori brand (ma anche molte nuove realtà) hanno deciso di sviluppare un livello comunicativo bidirezionale che punta ad un coinvolgimento più profondo: non si guarda al portafogli del cliente, non si scelgono logiche commerciali volte al risparmio, l’obiettivo, al contrario, è il cuore del consumatore, serve attivare la sua emotività.
Su queste basi si è sviluppato il marketing 4.0 che, in una dimensione “B2C”, ha puntato non solo a coinvolgere emotivamente il cliente, ma altresì a far conoscere l’azienda da un punto di vista strettamente umano: “persone oltre le cose”, recita un popolare spot pubblicitario.
Il mezzo comunicativo con il quale trasmettere questo messaggio è lo storytelling, uno strumento che ha il fine di oltrepassare la barriera che divide il brand dalla platea dei consumatori, andando a stabilire una connessione empatica tra i due soggetti. Tale connessione può avvenire attraverso l’inbound marketing e il content marketing, strumenti funzionali per la creazione di contenuti di valore che coinvolgono la platea di riferimento.
Fare storytelling è essenzialmente costruire un’immagine, stabilire cosa si vuole rappresentare, quali valori incarnare, quale messaggio diffondere e, infatti, attraverso la narrazione, come abbiamo premesso, gli esseri umani raccontano i loro modi di vivere e si identificano nei valori che trasmettono, stimolando, parallelamente il meccanismo di significazione, fondamentale per sollecitare la memoria.
Un modo per stimolare un rapporto tra brand e consumatore è costruire una narrazione volta al coinvolgimento dell’audience: uno storytelling di successo è una storia viva, reale, che trascina ed emoziona. L’obiettivo principale è, difatti, quello di raggiungere il cuore dei clienti, sia di quelli già fidelizzati sia di quelli potenziali, attraverso tecniche di trancenarrative tipiche di questa strategia comunicativa. Strumenti che permettono di compiere il “trance experience”, ovvero un estraniamento che fa “perdere” lo spettatore nella storia al punto di condurlo in uno stato di meraviglia, ovvero il cosiddetto effetto “sense of wonder”.
Chiaramente, per costruire uno storytelling di successo c’è bisogno che ogni azienda abbia chiaro in mente il proprio “core story”, ovvero la direzione che intende perseguire, il tipo di storia che si vuole raccontare e, soprattutto, il target di pubblico che si vuole coinvolgere.
Il brand storytelling è, in definitiva, una strategia adottata da un’azienda sia per rinsaldare il legame con la propria clientela sia per aumentare la awarness del mercato e, in tal modo, riuscire a catturare l’interesse di un pubblico più ampio suscitando: curiosità, emozioni, memorabilità e divertimento.
Il mercato è cambiato e, insieme a lui, le strategie di marketing: oggi non si vende più solamente un prodotto; si vende un sogno, un percorso, una scelta.