Svelato il mistero del volto di Andrea Palladio

redazione

Gli esperti della Polizia Scientifica, gli storici dell’arte del Palladio Museum e i tecnici della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza illustrano gli esiti di una lunga indagine. Mettendo così fine, dopo 500 anni, alle infinite controversie su quale faccia avesse il più celebre architetto di ogni tempo.

Il caso nasce perché non esiste un ritratto ufficiale di Palladio, che la consuetudine editoriale del tempo avrebbe voluto inserito nel suo trattato, I Quattro Libri dell’Architettura, pubblicato a Venezia nel 1570. Per colmare questa mancanza, nel corso del Settecento sono stati proposti innumerevoli ritratti dell’architetto, anche molto diversi fra loro: gli inglesi nel 1716 lo hanno proposto giovane e senza barba, oppure altrettanto giovane e con i baffi, i vicentini nel 1733 hanno replicato con un Palladio più anziano e calvo.

Per la mostra “Andrea Palladio. Il mistero del volto”, aperta al Palladio Museum di Vicenza fino al 18 giugno, sono stati individuati dodici ritratti ritenuti di Palladio, sparsi in due continenti. Due provengono da Londra (RIBA Collections e Royal Collection at Kensington Palace), uno da Copenaghen (Statens Museum), quattro da Vicenza (villa Rotonda, villa Valmarana, teatro Olimpico, villa Caldogno), uno da Notre Dame, Indiana (Snite Museum of Art), uno da una collezione privata a Mosca, uno da Praga (Národní Muzeum), uno da un’asta di Christie’s a New York e un ultimo da un antique shop nel New Jersey.
Sono tutti autentici? E l’uomo ritratto è sempre Palladio?

Specialisti in diversi campi hanno lavorato insieme per rispondere a queste domande. Mentre gli storici del Palladio Museum hanno fatto ricerche in archivio e biblioteca, i tecnici della Soprintendenza hanno indagato gli aspetti materiali dei dipinti nel proprio laboratorio di restauro di Verona e la Polizia Scientifica ha confrontato fra loro i volti con i metodi della comparazione fisionomica.

“Il Palladio Museum e la Soprintendenza di Verona – racconta Guido Beltramini, curatore della mostra – hanno chiesto aiuto al Servizio di Polizia Scientifica della Polizia di Stato per scrivere finalmente la parola fine su quasi trecento anni di dispute sul volto di Palladio: da quando cioè gli inglesi nel 1716 si sono “inventati” un falso Palladio dipinto da Paolo Veronese. E’ stato un affascinante incontro fra scienze forensi e storia dell’arte, dove ognuno ha cercato di dare il meglio di sé.”

Fabrizio Magani precisa “L’esperienza di studio e ricerca ha sorpreso per le potenzialità tecniche messe in gioco, dimostrando come la semplicità di un tema espositivo possa promuovere pratiche complementari e risultati tutti nuovi”.

“Il mestiere dell’investigatore della Polizia Scientifica ben si sposa con la perizia dell’esperto d’arte, entrambi attenti al metodo scientifico e ai dettagli.” – a parlare è il Prefetto Vittorio Rizzi, direttore del settore anticrimine della Polizia di Stato – “Attraverso la tecnica del confronto dei volti, comunemente utilizzata per identificare gli autori dei crimini più violenti, e quella dell’age progression, normalmente usata per la ricerca delle persone scomparse e dei latitanti, abbiamo confermato i risultati della ricerca storica, risolvendo uno dei cold case più antichi”.

L’allestimento della mostra, progettato da Alessandro Scandurra, restituisce efficacemente l’atmosfera di una detective-story: accanto ad ogni dipinto il visitatore trova dei tavoli luminosi in cui sono presentati i “reperti” dell’indagine: radiografie dei quadri, sezioni stratigrafiche che evidenziano la successione delle pellicole pittoriche, antiche fotografie, documenti. È così possibile verificare le ipotesi proposte in mostra e ritrovare il “proprio” Palladio.