Tensione nel carcere di Saluzzo: contusi 5 poliziotti

Elena Scambelluri

Clima teso nel carcere di Saluzzo. “Nel pomeriggio di ieri è scoppiata una rissa tra alcuni detenuti marocchini: c’è stato un contatto e solo il pronto intervento del personale di Polizia Penitenziaria addetto alla sorveglianza ha evitato conseguenze più gravi. Successivamente, i detenuti si sono scagliati contro gli Agenti e 5 unità hanno subito prognosi varie dai 3 ai 20 giorni”, spiega Donato CAPECE, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE (il primo e più rappresentativo della Categoria). "Cos’altro dovrà accadere o dovrà subire il nostro Personale di Polizia Penitenziaria perché ci si decida ad intervenire concretamente sulle criticità di Saluzzo? La carenza di personale di Polizia Penitenziaria – circa 70 Agenti in meno negli organici, il pesante sovraffollamento (erano circa 390 i detenuti presenti a Saluzzo il 31 maggio scorso, dei quali il 50% circa gli stranieri, rispetto ai 260 posti letto regolamentari), con le conseguenti ripercussioni negative sulla dignità stessa di chi deve scontare una pena in celle affollate e soprattutto di coloro che in quelle sezioni detentive svolge un duro, difficile e delicato lavorato, come quello svolto dai poliziotti penitenziari.”
Il SAPPE evidenzia come “il fatto che i detenuti non siano impiegati in attività lavorative o comunque utili alla società (come i lavori di pubblica utilità) favorisce l’ozio in carcere e l’acuirsi delle tensioni. Ricordo a me stesso che, secondo le leggi ed il regolamento penitenziario, il lavoro è elemento cardine del trattamento penitenziario e «strumento privilegiato» diretto a rieducare il detenuto e a reinserirlo nella società. In realtà, su questo argomento c’è profonda ipocrisia. Tutti, politici in testa, sostengono che i detenuti devono lavorare: ma poi, di fatto, a lavorare nelle carceri oggi è una percentuale davvero irrisoria di detenuti, con ciò alimentandosi una tensione detentiva nelle sovraffollate celle italiane fatta di risse, aggressioni, suicidi e tentativi suicidi, rivolte ed evasioni che genera condizioni di lavoro dure, difficili e stressanti per le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria. Altro che pensare a carceri autogestite e a patti di responsabilità con i detenuti!”.