Traffico rifiuti, maxioperazione Forestale

Tiziana Montalbano

Una task force del Corpo forestale composta da cento unità è impegnata dalle prime ore della mattina in una vasta operazione lungo la costa jonica reggina, tra Brancaleone e Marina di Gioiosa Jonica, relativa allo smaltimento e al presunto traffico illecito di migliaia di metri cubi di rifiuti ferrosi. Quarantuno sono gli indagati, molti dei quali imprenditori italiani, tra cui diversi di etnia rom, 41 anche gli automezzi sequestrati che venivano utilizzati per il trasporto illecito dei rifiuti, mentre sono stati posti i sigilli e bloccate le attività al complesso industriale del Reggino che si trova al centro della vicenda. Dal Nucleo Operativo Aeromobili del CFS di Lamezia Terme è partito anche un elicottero a supportare l’operazione coordinata dal Comando Regionale di Reggio Calabria del Corpo forestale dello Stato. I rifiuti, ferrosi e non, pervenivano ad una ditta di Marina di Gioiosa Jonica (RC) tramite una rete di conferitori non autorizzati alla raccolta e al trasporto. Sebbene fossero destinati ufficialmente al recupero e alla produzione di Materia Prima Secondaria  per l’industria metallurgica, i rifiuti venivano in realtà trattati in maniera non conforme alle normative di settore. Infatti la ditta, non disponendo di un impianto adeguato al trattamento di recupero, si limitava soltanto a ridurre il volume dei materiali e a mischiare ingenti quantitativi di rifiuti speciali pericolosi e non. Rottami ferrosi, rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, veicoli fuori uso o parti di essi senza subire il regolare processo di trasformazione in Materia Prima Secondaria, contrariamente a quanto attestato, venivano avviati al commercio illegale verso imprese compiacenti individuate in Puglia e Basilicata. Il fenomeno è emerso grazie a indagini protrattesi per mesi da parte del Nucleo Investigativo Provinciale di Polizia Ambientale e Forestale (NIPAF) di Reggio Calabria e coordinate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Locri. L’attività illecita permetteva ai trafficanti di ottenere un duplice, ingiusto profitto derivante in parte dall’evitare gli oneri dovuti per legge circa il corretto recupero o smaltimento dei rifiuti e in parte dalla successiva commercializzazione dei materiali che venivano ceduti alle acciaierie come se fossero Materia Prima Secondaria. Gli impianti di acciaieria, infatti, sono sprovvisti delle autorizzazioni per ricevere rifiuti da utilizzare nel loro processo produttivo in quanto carenti delle necessarie tecnologie per la riduzione delle emissioni in atmosfera, con grave potenziale pericolo per la salute dei cittadini. Per questo i rifiuti giungevano alle aziende muniti da comuni bolle di accompagnamento e spacciati per Materie Prime Secondarie, privi invece dei Formulari di Identificazione Rifiuti (FIR) in modo da perdere la tracciabilità. Nel corso dell’indagine è anche emerso che la principale ditta incriminata svolgeva attività abusiva di demolizione di autoveicoli fuori uso, considerati dalla legge rifiuti pericolosi, e conseguente vendita di pezzi di ricambio non testati e certificati relativamente alla sicurezza stradale con conseguenti rischi, tra l’altro, per l’incolumità pubblica dei clienti . Il titolare si serviva dei documenti di una ditta individuale a lui stesso intestata ed autorizzata a operare nel settore delle autodemolizioni esclusivamente nella sede in provincia di Bologna. Così, all’insaputa dei proprietari dei veicoli, nel traffico illecito di rifiuti provenienti da  Marina di Gioiosa Jonica, confluivano anche materiali derivanti dalla demolizione di auto che venivano rottamate “ufficialmente” in Emilia Romagna. I 41 indagati dovranno rispondere di reati che vanno dallo smaltimento e traffico illecito di rifiuti all’associazione a delinquere, dalla falsità materiale e ideologica alla truffa. Alle indagini, ancora in pieno corso, collaborano anche i Nuclei Investigativi della Forestale di Parma e Bologna  mentre si attendono ulteriori sviluppi sul caso.